La società incivile è scesa in piazza

Fausto Carioti

È che bisognerebbe smettere di credere alla favoletta della società civile saggia e ragionevole, alla quale occorre dare retta, o che comunque merita rispetto. La società, specie quando scende in piazza, non è affatto meglio della media dei singoli individui che la compongono. Anzi: come avviene di norma in tutti i gruppi, sono i personaggi dotati dei peggiori istinti a fare scuola e a trascinare il resto della compagnia. E anche quelli della maggioranza dovrebbero togliersi dalla testa l’idea che l’opposizione abbondi di riformisti con i quali si può dissentire, ma sempre con toni educati e senza escludere la possibilità di un accordo tra gentiluomini. Non è così che funziona.

Personaggi come Giuliano Amato, Umberto Ranieri e Luca Ricolfi fanno sempre un figurone sui quotidiani della buona borghesia. Ma le loro elucubrazioni, talvolta barbose ma spesso sensatissime, non hanno diritto di cittadinanza nel grande popolo della sinistra. Provate a fare una manifestazione in nome delle loro idee, o dell’agenda di Francesco Giavazzi, l’economista che ha scritto il saggio “Il liberalismo è di sinistra”, e vedete.

Il popolo di sinistra è composto in gran parte da quei personaggi visti ieri e tante altre volte in passato, a Roma e altrove. Sono nati dall’odio per Berlusconi e ciò che lui rappresenta, e hanno avuto molti nomi: girotondini, pacifisti, no-global, grillini. Ora dicono di essere «quelli del No B Day», movimento «nato dal basso», anzi dalla rete, come va di moda adesso. Ma le loro facce sono sempre le stesse, molti dei loro organizzatori pure, e quelle che sventolano - lo si è visto bene ieri - sono le solite bandiere rosse e il vessillo dei manettari di Antonio Di Pietro. Gente che non vuole riforme, non gliene frega nulla. Tutto quello che vuole è una piazzale Loreto per «il nano», come lo chiamano loro.

Il livello di civiltà e di cultura liberale di questa gente è stato riassunto bene ieri dal palco di piazza San Giovanni dall’attore Ulderico Pesce nella sua invettiva contro Silvio Berlusconi: «Sei un mafioso, ci fai vergognare davanti a tutto il mondo». E quelli che vogliono regolare l’immigrazione sono dei «fascisti di merda». Non a caso Pesce ieri è stato uno dei più applauditi, mentre dalla piazza, dove i telefonini hanno preso il posto dei ferri da maglia delle tricoteuses che andavano a godersi il lavoro di madame Guillotine in place de la Révolution, non sono mai cessati i cori che davano del mafioso a Berlusconi.

Inutile perdere tempo a immaginare una legge per il processo giusto condivisa dall’opposizione, quando la folla alla quale questa chiede i voti accoglie con tifo da stadio le parole di Salvatore Borsellino, che usa l’autorità morale che gli viene dall’essere fratello di uno dei più illustri morti per mafia gridando dal palco che «oggi i collaboratori di giustizia stanno dicendo la verità su Berlusconi» e che il partito del premier «è sorto con i capitali della criminalità organizzata». È il processo breve nella versione gradita alla sinistra, con il popolo che fa da accusatore e giudice e smania per vestire anche i panni del boia. Gaspare Spatuzza, spedito dai suoi capi a infamare il Cavaliere, si frega le mani.

Dicono di difendere la Costituzione, ma mentono anche a se stessi. La Carta è già stata riscritta più volte, e proprio su pressione della piazza, nel 1993, fu tolta l’immunità parlamentare, che adesso - anche nel centrodestra - non hanno il coraggio di reintrodurre, perché la piazza è violenta e sa mettere paura. Chiedono le dimissioni di Berlusconi perché un pentito lo accusa e perché loro sono scesi per strada a manifestare. Ma è una bestialità che avrebbe fatto inorridire i costituenti: chi governa viene scelto da chi va a votare, non da chi va sui marciapiedi o da uno stragista mafioso.

La vera vittima di tutto questo non è Berlusconi. La vittima è il Partito democratico con i suoi esponenti ed elettori migliori, ieri ancora una volta plasticamente subalterni a Di Pietro e ai suoi accoliti. Berlusconi, da spettacoli simili, trova solo conferme alla sua voglia di andare avanti da solo.

© Libero. Pubblicato il 6 dicembre 2009.

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