Da Bagnasco critiche a Berlusconi e applausi al governo

di Fausto Carioti

Leggere nelle parole pronunciate ieri da monsignor Angelo Bagnasco una critica a Silvio Berlusconi è esercizio facile, che però racconta solo metà della storia. Bagnasco, nella sua prolusione ai lavori del Consiglio episcopale permanente, ha espresso una critica su certi comportamenti della classe politica, nei quali rientrano senza dubbio anche le vicende attribuite al presidente del consiglio. Ma la condanna morale per i passatempi di Berlusconi (peraltro mai citato per nome) avrebbe anche potuto essere molto più dura, come avevano chiesto certi settori della Chiesa. Soprattutto, il governo ieri ha incassato un apprezzamento per la linea tenuta sulle questioni bioetiche. I vizi privati del premier, nel discorso di Bagnasco, risultano così compensati dalle virtù pubbliche riconosciute al suo esecutivo. Se è vero che la Chiesa italiana è appena entrata nell’era del dopo-Ruini, simboleggiata dalle dimissioni di Dino Boffo dalla direzione dei media della Cei, e che tutti si chiedono quale sarà da ora in poi la nuova linea, oggi forse il PdL può guardare alle manovre in corso con qualche timore in meno. Anche se tirare le somme adesso sarebbe un errore: lo scontro tra la Commissione episcopale e la segreteria di Stato vaticana, che ruota proprio attorno al modo con cui la Chiesa deve porsi dinanzi alla politica italiana, non si è concluso con la defenestrazione di Boffo, e prosegue durissimo. Resta ancora da capire, infatti, quale sarà in futuro il grado di "ingerenza" dei vescovi italiani, e quanto, tra loro, crescerà di peso la componente progressista.

Ieri, comunque, da Bagnasco la sinistra si attendeva di più. Come era ovvio, il presidente della Cei ha affrontato l’argomento delle dimissioni del direttore di Avvenire, ma l’ha fatto senza attaccare il premier ed evitando di chiamarlo direttamente in causa. Sui comportamenti privati dei politici ha preferito invocare «misura e sobrietà», ed è chiaro con chi ce l’avesse, ma l’ha fatto senza lanciare condanne né scomuniche. Anzi, ha ribadito che «la Chiesa resta con chiunque amica».

Mentre l’appoggio per quanto fatto dal governo sui cosiddetti temi etici è evidente, e qui a incassare il colpo sono Gianfranco Fini e gli altri che vogliono portare il parlamento su posizioni che la Chiesa ritiene inaccettabili. Sulla legge che regola il fine-vita Bagnasco è stato chiaro: il testo varato dal Senato, che Fini e i suoi si sono impegnati a cambiare alla Camera, deve essere considerato «prezioso, perché dice la volontà di assicurare l’indispensabile nutrimento vitale a chiunque». Sulla Ru486, la pillola abortiva, il capo dei vescovi ha chiesto un «dibattito parlamentare» per «arrivare ad una maggiore verità sul farmaco stesso, e su ciò che ha già obiettivamente causato anche in varie altre nazioni». Anche qui, impossibile non vedere una replica al presidente della Camera. Il quale, a Maurizio Gasparri che chiedeva un’indagine parlamentare sulla pillola, aveva risposto: «Non vedo cosa c’entri il Parlamento». Sull’immigrazione, infine, accanto alle perplessità su alcune norme contenute nel pacchetto sicurezza, Bagnasco ha espresso apprezzamento per la sanatoria destinata alle badanti.

Per tutti questi motivi, chi per conto di Berlusconi tiene i contatti con le gerarchie ecclesiastiche ieri ha tirato un sospiro di sollievo, perché «in fin dei conti poteva andare molto peggio. Bagnasco poteva cedere alle tante richieste che gli erano state fatte. Invece ha scelto di tenere la barra dritta nonostante le dimissioni di Boffo siano state per loro un evento gravissimo».

Passerà tempo, però, prima di capire che volto avrà la Chiesa italiana del dopo-Ruini. Non è ancora chiaro se e quanto la Cei e il suo quotidiano, Avvenire, si avvicineranno al modello della segreteria di Stato vaticana del cardinale Tarcisio Bertone e dell’Osservatore Romano, che seguono la linea della non ingerenza negli affari politici italiani, che si tratti del caso di Eluana Englaro o delle dimissioni di Boffo. La tensione tra Bagnasco e Bertone è altissima. Ed è ancora da vedere quanto il colpo sferrato al direttore di Avvenire potrà spostare a sinistra l’asse della conferenza episcopale. Di sicuro, i vescovi progressisti e tutto quel mondo ecclesiastico vicino all’opposizione, che erano stati messi all’angolo dal successo delle iniziative del centrodestra, come il Family Day e il decreto "salva-Eluana", adesso hanno ritrovato la voce.

La sinistra è ben rappresentata tra i vescovi, ma il Consiglio episcopale permanente (l’organo di autogoverno dei vescovi) ha un indirizzo moderato. Le prossime nomine, però, potrebbero spostare certi equilibri. Una promozione "pesante" potrebbe essere quella di monsignor Vincenzo Paglia, presidente della commissione per l’ecumenismo, a vicepresidente del Consiglio episcopale. Personaggio di carisma, Paglia è gradito alla sinistra e rappresenta un punto di riferimento per la potentissima comunità di Sant’Egidio e per Francesco Rutelli, dato in fuoriuscita dal Pd e intento a creare una nuova forza di centro. Sarà importante anche la nomina del successore di Boffo alla guida di Avvenire, data per imminente. Ad esempio, una soluzione di compromesso come quella del costituzionalista Cesare Mirabelli, vicino al direttore dell’Osservatore Romano Giovanni Maria Vian, garantirebbe una direzione di alto profilo, ma non potrebbe replicare un quotidiano di battaglia come quello fatto per anni da Boffo.

© Libero. Pubblicato il 22 settembre 2009.

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