"Berlusconi spiato da uomini dei servizi per conto delle procure". Intervista a Cossiga

di Fausto Carioti

A rompere la monotonia di un sabato afoso di luglio ci pensa Francesco Cossiga. È quasi mezzogiorno quando il presidente emerito della Repubblica invia una lettera aperta a Francesco Rutelli, presidente del Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica, incaricato di controllare l’attività dei servizi segreti italiani. Pura dinamite: Cossiga parte da quanto detto da Umberto Bossi a Berlusconi («Invece di farsi accompagnare dai servizi segreti, è meglio farsi accompagnare dalla gente della Lega e dalla polizia normale, come faccio io. I servizi sono una brutta roba»), ma si spinge molto più in là di quanto fatto dal leader leghista. Il senatore a vita sostiene di aver raccolto «voci che circolano negli ambienti d’istituto», secondo le quali «agenti di un servizio nazionale di informazioni e sicurezza, pur non ricoprendo la qualifica di ufficiali o agenti di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria ordinaria o militare, avrebbero collaborato con magistrati delle procure della Repubblica di Milano, Bari, Roma e Tempio Pausania, anche garantendo la segretezza dei loro contatti e delle loro comunicazioni in relazione a materie da dette procure della Repubblica in corso di trattazione e aventi relazioni con la persona, i fatti e i comportamenti dell’onorevole Silvio Berlusconi». Cossiga chiede quindi a Rutelli di far aprire dal Copasir una nuova inchiesta. Insomma, come spesso accade con lui, c’è al fuoco tanta di quella carne che vale la pena di parlarci un po’. Se non altro per capire bene dove voglia andare a parare.

Presidente, uno che legge la sua lettera capisce che, secondo lei, all’interno dei servizi segreti c’è chi spia Berlusconi. È questo che crede?
«Sì».

E questo spionaggio avverrebbe per conto delle procure di «Milano, Bari, Roma e Tempio Pausania»?
«Diciamo che ci ho messo qualche procura in più, per non far capire quali fossero quelle cui alludevo. Mi interessava che chi deve capire capisca. Ma sa cosa è che mi spaventa davvero?».

Cosa?
«Mi spaventa il fatto che io, che oggi sono al di fuori del circuito del potere, praticamente privo di contatti con qualsiasi nuovo uomo della politica, venga a sapere queste cose, mentre tutti gli altri fanno finta di niente o non se ne accorgono».

Lei parla di «voci che circolano».
«Me le hanno sussurrate».

Può essere più chiaro? Come è venuto a sapere queste cose?
«Non certo da un tipo che passava per strada. Vi è qualcheduno, all’interno dei servizi, che è venuto a raccontarmele».

Perché proprio a lei?
«Probabilmente perché io, in passato, nel loro mondo ho svolto qualche ruolo».

Lei mantiene una certa autorità morale sull’ambiente, mettiamola così.
«Li conosco bene. Conosco tutto questo mondo, non solo italiano, ma anche estero. Vengono da me persone che non avrebbero nessun motivo di venire, sia italiani sia stranieri, per discutere di questi problemi».

E qualcuna di queste persone…
«È venuta da me a raccontarmi queste storie. Che potranno anche non essere vere, per carità. Anche se me le hanno riferite con una dovizia di particolari molto maggiore di quella usata da me nel riferire ciò che mi era stato raccontato. Avendo io acquisito negli anni una mentalità riservata, mi sono limitato ad accennare a certi episodi, dato che il mio scopo è solo informare chi deve essere informato».

Lei dice di parlare con personaggi dei servizi italiani e stranieri. È italiano chi le ha fatto questi racconti sulle “attenzioni” cui è sottoposto Berlusconi?
«Sì».

«I servizi prima usavano le bombe, ora usano le donne», dice Bossi. Sembra la roba che organizzava il suo amico Marcus Wolf per la Stasi, la polizia politica della Germania orientale. Ritiene possibile che simili cose avvengano anche oggi in Italia?
«Marcus Wolf era davvero mio amico. Ma quella di usare le donne è una cosa che hanno fatto sempre tutti. È una vecchissima pratica».

E lei ritiene che qualcuno possa averla fatta anche questa volta ai danni di Berlusconi?
«No, questo no».

Quindi lei dell’allarme di Bossi…
«Condivido il senso politico, non la circostanza delle donnine».

Chi potrebbe essere interessato a spiare il premier? I servizi ufficiali, un loro ramo “deviato” o singoli agenti interessati ad arrotondare la paga mensile?
«Questo non lo so. Comunque è gente che ha un’esperienza di questo genere. O è gente che è nei servizi, o è gente che c’è stata. Qui le cose strane sono tante».

Ad esempio?
«Il pranzo di Berlusconi con i magistrati della Corte Costituzionale. Nel racconto che ne è stato fatto qualche giorno dopo - perché è così che si fa, non si dice subito, bisogna sempre aspettare un po’ - mancava solo il menù».

Verrebbe da pensare a una intercettazione di tipo ambientale.
«Certamente».

Altre stranezze?
«I raccontini piccanti relativi a via del Plebiscito. E non mi meraviglia la quantità delle fotografie che hanno potuto riprendere in Sardegna. Sempre che si tratti di fotografie e non di fotogrammi tratti dalla ripresa di una videocamera. Potrebbero aver usato anche una macchina fotografica telecomandata. Ce ne sono di tutti i tipi, basta metterne una su un albero o su un palo».

Si stupirebbe se altri parlamentari, magari membri del Copasir, fossero oggetto dell’attenzione di uomini dei servizi?
«No, assolutamente. Di sicuro, qui non c’è differenza tra maggioranza e minoranza. Non molto tempo fa parlavo al telefono con una persona importante dell’opposizione, un senatore. A un certo punto abbiamo smesso di parlare, perché avevamo capito che in quella conversazione c’era un terzo, che ascoltava e non parlava».

Pare essere un lavoro di ordinaria amministrazione.
«Fare queste cose è facilissimo. Non occorre essere degli 007. Ricorda quando il Copasir si interessò del fatto che con poca spesa, oggi, si possono avere dei software che inviano sms a un telefonino per poi metterlo sotto controllo?».

Chi dovrebbe capire se da qualche parte, nei servizi, c’è del marcio?
«Ai miei tempi i servizi avevano i cosiddetti “affari interni”, come quelli che si vedono nei film americani».

Che fine hanno fatto?
«Non lo so. Quello che so è solo che dire che la legge che regola i servizi è fatta male, è dire poco. Come mi disse un personaggio il cui nome non cito, si vede che è stata fatta da persone che non sapevano nemmeno lontanamente cosa fossero l’intelligence e la counter-intelligence».

© Libero. Pubblicato il 5 luglio 2009.

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