Verso lo scontro finale

di Fausto Carioti

La guerra fredda tra il gruppo Espresso e Silvio Berlusconi è diventata scontro aperto con il caso Noemi, e l’escalation di questo conflitto è appena giunta al massimo livello. Tra quello che Francesco Cossiga chiama «il noto gruppo editoriale svizzero» e il premier siamo ormai all’equivalente dello scontro nucleare. Con un gesto che non ha precedenti, l’editore di largo Fochetti, cioè l’imprenditore italo-elvetico Carlo De Benedetti, ha querelato ieri il presidente del Consiglio, poiché Berlusconi - si legge in una nota dell’editore - al convegno confindustriale di Santa Margherita Ligure «ha accusato il quotidiano La Repubblica di un attacco eversivo nei suoi confronti e nel contempo ha istigato gli industriali a boicottare ed interrompere gli investimenti pubblicitari». Siamo, insomma, allo scontro finale tra i due poteri politici più forti d’Italia: il Cavaliere, che può sempre contare sul consenso della maggioranza degli italiani (ribadito dalle elezioni appena concluse), e Repubblica, il giornale-partito che ha riempito lo spazio politico lasciato libero dal Pd degli evanescenti Walter Veltroni e Dario Franceschini.

Berlusconi è forse nel momento più difficile della sua avventura politica. Gli elettori restano con lui e appare improbabile che cada (i proiettili giornalistici che gli hanno sparato nelle ultime settimane non contengono mezza ipotesi di reato a carico del premier), ma se dovesse cadere non sarà come le altre volte. Sinora, ogni volta che è caduto, Berlusconi si è rialzato e ha ricominciato ad appendere le teste dei suoi rivali sopra al caminetto di palazzo Grazioli. Da Achille Occhetto a Walter Veltroni, due generazioni di leader della sinistra non sono sopravvissute alla creatura emersa dal laghetto artificiale di Milano 2. La strage potrebbe continuare. Potrebbe, ma non è detto. Perché se stavolta Berlusconi cade, rialzarsi gli sarà molto difficile. Se non altro per il fattore anagrafico, l’unico nemico al quale, prima o poi, persino lui dovrà arrendersi.

A Repubblica lo sanno bene. Sanno anche che, se non riescono a disarcionarlo adesso, all’inizio della prossima legislatura rischiano di ritrovarselo al Quirinale, che poi vuol dire anche presidente del Consiglio superiore della magistratura, con tutto quello che ciò comporterebbe per l’ordinamento delle toghe italiane. Così hanno deciso che questo è il momento di affondare i denti, lanciando una campagna di aggressione giornalistica e politica alla quale il Partito democratico si accoda come può. Più utili del Pd, senza dubbio, possono risultare certi settori della magistratura, che parte per vocazione politica e parte per interesse sono disposti a tutto pur di non vedere Berlusconi a capo del Csm, e se poi riescono a fargli fare la fine di Bettino Craxi meglio ancora.

Indispensabili, in questa fase, sono i giornali stranieri. Sulla cui serietà prima o poi andrà fatta una riflessione. Non è solo che i corrispondenti delle testate estere hanno l’abitudine di bazzicare gli stessi salottini della stampa radical chic italiana, dove l’etichetta impone di alternare ogni sorso di cognac a un insulto al Cavaliere. C’è anche il fatto che molte di queste testate sono legate a doppio o triplo filo con i gruppi editoriali italiani che hanno nel mirino Berlusconi. E pure il materiale umano che i giornali stranieri spediscono in Italia, a dirla tutta, non è proprio di primissimo livello. Se non altro perché il nostro Paese è sempre stato una piazza secondaria, ed è logico che i calibri più grossi vengano schierati altrove. Negli scorsi anni abbiamo visto così il corrispondente del settimanale inglese The Economist, Tana de Zulueta, passare dall’attacco giornalistico a Berlusconi alla poltrona di parlamentare, ovviamente nelle file uliviste, come se fosse una cosa del tutto normale.

Non c’è nemmeno bisogno di un “complotto” nel vero senso della parola, inteso come gruppo di persone che si siedono attorno a un tavolo e pianificano insieme come liquidare l’odiato nemico. Basta avere l’interesse comune a sbarazzarsi di Berlusconi, e il resto viene da sé: ognuno sa benissimo qual è il ruolo che è chiamato a recitare. L’occasione è il vertice G8 che si svolgerà all’Aquila dall’8 al 10 luglio. Per Berlusconi dovrà essere la passerella internazionale che lo vedrà discutere di alta politica con gli altri grandi della Terra. Per i suoi avversari dovrà essere il momento in cui infliggergli una figuraccia planetaria e dargli il colpo finale. Il sogno è quello di riuscire a togliere dal tavolo di Berlusconi il piatto più importante, ovvero il presidente statunitense Barack Obama. Se, spinto da pressioni provenienti da più parti e rifugiandosi dietro una scusa diplomatica, la rockstar della politica mondiale dovesse disertare l’appuntamento, mandando al suo posto un altro rappresentante dell’amministrazione di Washington, il colpo per Berlusconi sarebbe duro. Anche perché il gesto di Obama potrebbe essere imitato da qualche altro leader internazionale, creando un effetto domino che finirebbe per travolgere il presidente del Consiglio italiano. La campagna di delegittimazione morale e politica di Berlusconi sui giornali degli altri Paesi serve proprio a questo: a trasformare Berlusconi nel paria della politica mondiale. «Cherchez les femmes» è diventato così il motto di quella che un tempo era la sobria stampa straniera, capace di chiudere ambedue gli occhi sulle avventure di François Mitterrand e sull’epopea boccaccesca dei fratelli Kennedy.

Proprio per colpire il premier laddove appare più sensibile è partito l’appello di Dacia Maraini, Margherita Hack e altre più o meno influenti donne italiane alle “first ladies” dei Paesi che dovranno partecipare al G8, affinché disertino l’appuntamento e stendano il cordone sanitario attorno a un leader i cui «comportamenti e discorsi sessisti delegittimano con perversa e ilare sistematicità la presenza femminile sulla scena sociale e istituzionale». L’appello è stato lanciato dalla rivista Micromega, che fa parte anch’essa del gruppo Espresso (tra le signore che lo hanno firmato spiccano alcune che tutt’oggi si sdilinquiscono al ricordo del democratico Bill Clinton, uno che metteva le stagiste in ginocchio nello Studio Ovale. Ma lui, si sa, era diverso). Non è un’iniziativa da sottovalutare: il parere delle mogli conta molto anche nelle case dei grandi leader, e lo dimostra l’influenza che Carla Bruni ha sul marito Nicolas Sarkozy.

Resta il fatto che, ancora ieri, fonti statunitensi davano assolutamente per certa la presenza di Obama al G8. Per delegittimare Berlusconi davanti ai principali leader del pianeta serve di più. Se tutto va come previsto, dovrebbero pensarci i magistrati e due o tre signorine incavolate col premier, ansiose di notorietà e sobillate a dovere da chi ha l’interesse a farlo. Facile anche indovinare che, da qui al 10 luglio, dalle pagine di Repubblica (e non solo) voleranno verso palazzo Grazioli missili di ogni dimensione. Decine di giornalisti stanno battendo a tappeto il mondo delle escort, in cerca anche del minimo appiglio da usare contro il premier. Alcuni scoop sono già pronti e vengono tenuti da parte per il momento giusto, come quello che avrebbe per protagoniste due signorine leccesi.

Berlusconi è vulnerabile. Non perché abbia commesso reati, ma perché ha garantito libero accesso a troppe persone nei suoi appartamenti, senza sapere né chi fossero veramente né quali fossero le loro reali intenzioni, e alcune di queste non meritavano tanta fiducia. Però è anche un uomo che quando è ferito decuplica le forze. Una qualità che alla fine gli ha sempre permesso di vincere. Almeno sinora. Intanto ieri ha annunciato l’introduzione di una nuova detassazione degli utili reinvestiti nelle imprese. Dovrebbe servire a rilanciare l’economia. In tempi normali, la notizia di prima pagina sarebbe stata questa.

© Libero. Pubblicato il 25 giugno 2009.

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