Una buona idea del ministro Brunetta

di Fausto Carioti

Come disse Albert Einstein al poeta francese Paul Valéry, «una buona idea è veramente rara». In Italia, poi, appena ne spunta fuori una, subito viene declassata al rango di «provocazione». Peccato, perché l’idea lanciata ieri dal ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta, è buona davvero: i dipendenti statali che oggi aderiranno allo sciopero indetto dalla Cgil dovrebbero restituire i 70 euro di aumento che riceveranno a fine mese, previsti da quell’accordo che la Cgil si è rifiutata di firmare. Ha persino un sapore liberale. Perché non c’è libertà senza responsabilità: i lavoratori sono liberissimi - ci mancherebbe - di contestare l’intesa siglata dall’esecutivo con Cisl, Uil e gli altri sindacati. Però dovrebbero anche prendersi la responsabilità di rifiutare i vantaggi che vengono da quell’accordo, iniziando proprio dai soldi. Ovviamente non accadrà nulla di tutto questo: i tesserati di Guglielmo Epifani oggi manifesteranno indignati, il 27 si metteranno in tasca i 123 euro lordi in più (i 70 di febbraio più 53 dell’arretrato di gennaio) e l’uscita di Brunetta sarà classificata come la boutade di un ministro mattacchione.

E invece i mattacchioni, quelli veri, li vedremo oggi in piazza. Dove protesteranno anche contro la crisi economica, e scioperando faranno scendere ancora di più il prodotto interno lordo, aggravando così la crisi che dichiarano di voler combattere. Parafrasando un vecchio slogan dei pacifisti americani, smettere di lavorare per protestare contro l’economia che va a rotoli è come «fucking for virginity»: un ridicolo controsenso.

Ma non è da chi sciopererà oggi che ci si può attendere senso della realtà. In un momento difficile come quello attuale, i dipendenti pubblici sono gli unici che possono dormire tra due guanciali. Nessuno di loro ha perso il posto né ha avuto un’ora di cassa integrazione. I loro impieghi, anche in futuro, non sono a rischio, e questa è una certezza su cui pochi oggi possono contare. E ora il ministro, facendo i salti mortali, è riuscito a trovare i soldi (quasi tre miliardi di euro) per un rinnovo contrattuale che tutte le sigle hanno firmato. Tutte, tranne il sindacato di Epifani. Che ha giudicato insufficiente un aumento in busta paga pari al 3,8% per il 2008 e al 3,4% per il 2009 (il doppio dell’inflazione). «Ognuno di noi vorrebbe di più, ma bisogna saper soppesare le situazioni», aveva commentato il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, al momento di mettere la firma. Di questo passo «la Cgil diventerà assolutamente marginale», aveva predetto il segretario della Uil, Luigi Angeletti.

Che quello di oggi sia uno sciopero politico, lo dimostra anche il destinatario della protesta. Si prende di mira Brunetta, che ha messo in regola il milione e 300 mila dipendenti dello stato centrale, e si finge di non vedere quello che stanno facendo gli amministratori di regioni ed enti locali, in gran parte espressione di maggioranze di centrosinistra, dai quali dipende un numero quasi uguale di lavoratori pubblici. Per tutti costoro i rinnovi contrattuali vanno a rilento e rischiano di arrivare solo con l’estate. Proprio in previsione di questo la Finanziaria 2009, su indicazione del ministro, aveva dato la possibilità di anticipare nelle buste paga l’aumento del 3,2%, pari anch’esso, in media, a circa 70 euro lordi al mese.

Anche questa sembra una buona idea, soprattutto per i lavoratori e le loro famiglie alle prese con la crisi. Eppure Brunetta prima ha dovuto ricordarla, in una lettera, a Leonardo Domenici, Fabio Melilli e Vasco Errani (presidenti delle unioni di comuni, province e regioni). Quindi, per smuoverli, nei giorni scorsi ha scritto a tutti i sindaci e i presidenti di provincia. Ma costoro, in molti casi influenzati dall’ostilità della Cgil nei confronti dell’intero progetto, sinora hanno mostrato poca voglia di dare quei soldi ai loro dipendenti. I quali possono aspettare. Tanto, il governo è lì apposta a fare da capro espiatorio.

© Libero. Pubblicato il 13 febbraio 2009.

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