Il caso Pizza e le colpe di Amato

di Fausto Carioti

Di chi sia la colpa lo sanno tutti. Almeno per ora, però, nessuno punta l’indice accusatore. Quelli del partito democratico tacciono per convenienza di parte. I berlusconiani stanno zitti perché cercano di risolvere la grana assieme agli uomini di Veltroni, e quando si lavora in tandem non è carino dire cose cattive (anche se vere) a chi sta pedalando con te. Ma la verità è che l’enorme pasticcio causato dalla riammissione alla gara elettorale della Dc di Giuseppe Pizza ha un solo responsabile: Giuliano Amato. Se le elezioni rischiano di essere rinviate, lo si deve al ministro dell’Interno. Alla faccia del soprannome: il dottor Sottile si è comportato come l’ultimo dei dilettanti.

Era stato lui, un mese fa, ad escludere la Democrazia cristiana di Pizza dalla competizione, sostenendo che il suo scudo crociato era troppo simile a quello dell’Udc. E questo nonostante diversi giudici amministrativi avessero stabilito il contrario. Dare una lettura maligna di questa scelta è facile: la Dc di Pizza è apparentata con il PdL e sul potere evocativo del suo simbolo Berlusconi contava per togliere voti all’Udc, che in certe regioni potrebbe essere determinante ai danni del Popolo delle libertà. Come era ovvio, però, Pizza ha presentato ricorso al consiglio di Stato, che gli ha dato ragione.

Così ieri gli elettori hanno assistito con gli occhi sbarrati al Giuliano Amato Show. Numeri da circo: prima il ministro ha detto di «non potere escludere un rinvio della data delle elezioni», mandando in depressione milioni di italiani già confusi e stufi di questa campagna elettorale e costringendo al defibrillatore tutti gli addetti ai lavori che hanno già pianificato affissioni di manifesti, comparsate televisive, cene elettorali, comizi e tutte quelle iniziative con cui i politici spendono i soldi dei contribuenti per convincerli a votarli. Giunto all’apice il cataclisma, Amato ha provato a metterci una pezza, incaricando l’avvocatura dello Stato di chiedere la revoca dell’ordinanza.

Avrebbe potuto comportarsi in modo meno goffo? Certo. Ad esempio, avrebbe potuto attivare quei canali sotterranei che legano il Viminale al Quirinale e persino ad esponenti dell’opposizione: esistono modi, discreti e non ufficiali, per capire quanto sia elevato il pericolo che un magistrato vanifichi una decisione del governo e getti il Paese nel caos.Ma il ministro non ci ha pensato nemmeno. Al contrario: il suo ministero ha ufficializzato gli apparentamenti tra le liste. Ha sorteggiato l’ordine in cui i simboli elettorali debbono apparire sulle schede. Ha già fatto votare tanti italiani all’estero. È stato già deciso l’ordine di partecipazione alle tribune elettorali. È partito il conteggio dei tempi assegnati alle diverse forze politiche nei telegiornali e nelle altre trasmissioni. Gran parte di questo lavoro (costato milioni di euro) rischia ora di essere vanificato.

Dentro al Pd l’incompetenza dimostrata da Amato è motivo di serio imbarazzo. È vero, come pensano molti in Forza Italia, che Veltroni e i suoi avrebbero da guadagnare da uno slittamento del voto. Ma non a prezzo di una simile figuraccia. Tanto che il plenipotenziario di Veltroni, Goffredo Bettini, si è subito messo in contatto con Gianni Letta, chiedendogli aiuto per trovare una via d’uscita condivisa. Sotto il voto del 13 e 14 aprile, infatti, la decisione del consiglio di Stato ha innescato una miccia che rischia di fare esplodere la nuova legislatura poche ore dopo la nascita. Se si andasse a votare alla data stabilita, chiunque, anche un singolo cittadino, potrebbe chiedere l’annullamento del voto. In queste ore, quindi, la preoccupazione di Letta e Bettini - condivisa da Giorgio Napolitano, che non solo segue da vicino la vicenda, ma svolge anche un ruolo attivo - è azzerare il rischio che le elezioni possano essere annullate. Per avere questa garanzia bisogna sondare nel modo dovuto anche i giudici di quelle corti che, un domani, potrebbero essere chiamate a decidere sull’annullamento delle elezioni, e chiedere loro quali siano i passi giusti da compiere in queste ore.

Il dilettantismo di Amato fa il paio con quello mostrato da Enzo Bianco, ministro dell’Interno di quel governo, guidato dallo stesso Amato, che portò gli italiani alle urne il 13 maggio del 2001. All’epoca Bianco volle far votare un solo giorno, e tenne in fila milioni di italiani, chiusi nei seggi, sino a tarda notte. Stavolta l’incapacità di Amato rischia di far slittare il voto. Per una volta, l’unica consolazione arriva dalla Costituzione: «Le elezioni delle nuove Camere hanno luogo entro settanta giorni dalla fine delle precedenti». Vuol dire che entro il 16 aprile si deve andare a votare. Amato, ovviamente, questo lo sa benissimo. Che abbia ipotizzato il rinvio delle elezioni oltre questa data conferma la gravità dello stato confusionale in cui si trovava ieri. L’altra ipotesi, quella per cui il ministro starebbe giocando una carta disperata e quasi “golpista” per ritardare il voto e fare un ultimo favore a Veltroni appare non solo fantascientifica, ma anche irrealizzabile, e non merita di essere presa in considerazione. Almeno per ora.

© Libero. Pubblicato il 3 aprile 2008.

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