La favola del Maometto pacifista e femminista

Le figure di Gesù e Maometto, fondatori delle due più diffuse religioni del pianeta, sono oggetto di un processo di revisione che, incurante delle tantissime testimonianze storiche sui loro insegnamenti, tende a dipingerli come qualcosa di molto diverso da ciò che erano. Nascono così la favola new age del Gesù fricchettone confuso e quella del Maometto pacifista e femminista. Questo tentativo della moderna storiografia progressista delle religioni è esaminato bene nell'articolo "Jesus and Mohammad, Version 2.0", scritto da Raymond Ibrahim per la National Review.
Quando si tratta di "ricostruire" Gesù, gli accademici invariabilmente partono da due presupposti: che i Vangeli non fossero ispirati dall'alto e che gli eventi lì riportati non siano credibili. In altre parole, non solo gli accademici rifiutano il miracoloso, ma sospettano dell'intera narrazione, che a lungo è stata la fonte primaria per comprendere la natura di Gesù, anche in una prospettiva secolare. Senza rispetto per quanto Marco, Matteo, Luca e Giovanni hanno riportato delle frasi e delle azioni di Gesù; senza rispetto per l'antichità e l'autorità dei Vangeli, scritti appena poche decadi dopo gli eventi che descrivono; senza rispetto per il fatto che molti degli eventi storici descritti nei Vangeli combaciano con la storia romana del primo secolo; senza rispetto per tutto questo, molti "revisionisti" di Gesù hanno deciso che i Vangeli e il resto del Nuovo Testamento semplicemente non vanno bene per la loro accuratezza storica.

Preferiscono, al contrario, affidarsi a due fonti assai dubbie: ogni brandello di carta di altre scritture religiose e le loro stesse congetture. Oscuri documenti gnostici, che furono rifiutati, discreditati e abbandonati circa 2000 anni fa, o erano di così infima importanza che la chiesa di allora non era nemmeno al corrente della loro esistenza, diventano fondamentali. Attraverso i frammenti di queste pergamene, gli accademici possono leggere in Gesù ogni cosa essi desiderino.
Prendono piede così interpretazioni new age di Cristo e della prima Chiesa, nelle quali c'è posto anche per ogni possibile illazione sessuale. I recenti tentativi di dare dignità storica e teologica al Vangelo gnostico di Giuda, e la spettacolarizzazione che è stata fatta della riscrittura del Cristo nei libri di Dan Brown, specie ne "Il Codice Da Vinci", e nel kolossal che ne è stato tratto (ne ho scritto qui e qui lo scorso anno da Cannes), confermano che i confini tra storiografia accademica e cultura pop si stanno pericolosamente sbriciolando.

Discorso molto diverso è quello che riguarda Maometto. In questo caso, come scrive Ibrahim denunciando il «double standard» degli accademici progressisti, lo scopo è infatti «riabilitare e romanticizzare».
E' stato sottolineato, e per ottime ragioni, che non c'è persona dell'antichità che è stata meglio documentata di Maometto. Esistono letteralmente migliaia di pagine su ciò che i musulmani ritengono essere dichiarazioni e azioni attribuite al loro profeta. (...)

Basandosi solamente su queste fonti, che, vale la pena di ripeterlo, gli stessi islamici considerano di grande autorità, si possono riempire pagine elencando azioni impressionanti attribuite a Maometto: guerra condotta in modo aggressivo e senza alcun pretesto, esecuzioni di massa, assassini, bugie, furti, riduzione in schiavitù di donne e bambini, nonché matrimonio con una bambina di nove anni. E' il genere di calunnie che sarebbero state senza dubbio popolarizzate ed enfatizzate dai suddetti studiosi di Cristo se solo esistesse un pezzetto di pergamena nel quale si suggerisce che Gesù si sarebbe dedicato a simili pratiche. Ma quando si tratta di scrivere di Maometto, pochi sono gli studiosi che alludono a simili fonti autorevoli; al contrario, costoro spesso preferiscono nascondere ciò che esse dicono o minimizzare la loro autorevolezza.

Prendiamo, ad esempio, la questione della "jihad". I primi teologi dell'Islam conocordano all'unanimità che essa era semplicemente guerra offensiva condotta con lo scopo dichiarato di diffondere la dominazione islamica - un percorso indicato dallo stesso Maometto, e quindi dai suoi compagni, i califfi, che conquistarono buona parte del Vecchio Mondo in nome dell'Islam. C'è una buona ragione per cui nei primi lavori gli studiosi di lingua inglese hanno sempre tradotto "jihad" come "holy war", guerra santa.

Eppure la dissimulazione accademica va avanti. Più o meno nello stesso periodo in cui gli studiosi del Cristianesimo hanno iniziato a manipolare l'immagine di Gesù, i professori dell'islam hanno iniziato a insegnarci che il concetto che Maometto aveva della jihad non ha nulla a che spartire con la "guerra santa" (la quale, secondo lo stesso ragionamento, è stata invece inventata dai cristiani con le Crociate), ma ha piuttosto a che vedere con lo "sforzo interiore" - come il battersi per essere "uno studente migliore, un collega migliore, un miglior partner d'affari".
Analogo processo di "riscrittura" politicamente corretta dell'islam riguarda tutto ciò che nel corano e negli hadit (le frasi di Maometto cui ogni musulmano deve ispirarsi) sancisce l'inferiorità della donna rispetto all'uomo. Ad esempio il fatto che gli uomini possono prendere sino a quattro mogli e avere rapporti sessuali con le loro schiave catturate durante la jihad; il fatto che la testimonianza di una donna davanti a un tribunale valga la metà di quella di un uomo; la regola che assegna alle donne la metà dell'eredità riservata agli uomini; il fatto che gli uomini abbiano "autorità" sulle donne e possano picchiarle ogni volta che queste si comportano male. Pensate se una sola di queste norme (cui va aggiunta l'impossibilità per le donne di pregare, toccare il corano o entrare alla Mecca durante i giorni "impuri") fosse prevista nelle scritture sacre dei cattolici a che livello arriverebbero le accuse di misoginia mosse alla Chiesa di Roma dai suoi tanti nemici.

Qui il testo intero dell'articolo di Raymond Ibrahim.

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