Amato manda la privacy a puttane

di Fausto Carioti

Lui è al lavoro. La moglie è a casa. Suona il citofono. «Devo consegnare una multa», fa la voce. Il tempo per la signora di guardarsi allo specchio e lanciare due o tre accidenti a quell'imbranato che ha preso l'ennesima contravvenzione e l'agente è già davanti all'ingresso. «Una firmetta qui, prego». La porta si chiude. Imprecando, lei apre la busta. «Cosa avrà combinato stavolta? Semaforo rosso? Ha parcheggiato ancora sulle strisce?». Magari fosse. Quando lo sventurato torna a casa, ad accoglierlo sul marciapiede trova uno strano tappeto. Sono i suoi vestiti buoni, la biancheria, la camicia bianca appena ritirata dalla lavanderia. Pochi metri più in là, il gatto del vicino gioca con uno straccio di lana. Con orrore, il poveretto scopre che quello era il suo unico golf di cachemire. Una voce dall'alto gli apre definitivamente le porte dell'incubo: «Sei un porco, ci vediamo dall'avvocato».

Benvenuti nella nuova legislazione anti-prostituzione voluta da Giuliano Amato. La privacy e il rispetto della dignità individuale ve li potete scordare. Certe cortesie sono riservate alle donne islamiche che vogliono andare in giro coperte con il velo: impedire di indossarlo, ci ha spiegato il ministro dell'Interno nei giorni scorsi, è sintomo di «imperialismo occidentale». Roba da ottusi che non sanno apprezzare le diverse sensibilità culturali. Mentre invece sputtanare (è il caso di dirlo) in pubblico e davanti ai propri familiari chi è andato con le prostitute è roba da paesi avanzati. Amato lo ha spiegato ieri: per i clienti delle professioniste del marciapiede la giusta punizione consiste in «multe non conciliabili, con il verbale che deve arrivare a casa di queste persone». Non è una boutade: tali parole le ha dette in Senato, davanti alla commissione Affari costituzionali. Roba seria, destinata a essere trascritta nero su bianco tra qualche giorno, quando l'osservatorio sulla prostituzione del Viminale tirerà fuori una proposta definitiva.

Perché Amato insiste tanto che la contravvenzione arrivi a casa? Perché vuole che il reprobo sia sottoposto non solo alla sanzione dello Stato, sotto forma di una multa più o meno salata, ma anche agli insulti della moglie e dei figli, magari alla rottura del matrimonio, con l'avvocato di lei che sventola in tribunale la contravvenzione come prova del tradimento. È la paura della fine delle sue relazioni familiari, insomma, che deve spingere l'individuo a rigare dritto. La punizione amministrativa non basta, Amato vuole affiancarle anche quella sociale e morale. E così varchiamo i confini dello stato di diritto e ci inoltriamo nello stato etico, quello che premia e punisce i cittadini a seconda della "moralità" del loro comportamento.

Quanto al resto della sinistra, va bene che in questi giorni hanno altre rogne da grattarsi, ma era lecito attendersi una reazione a simili sparate. Dopo tutto, quando due anni fa il Vaticano, tramite un documento del Pontificio Consiglio, invitò il governo Berlusconi a usare il pugno di ferro contro i clienti delle prostitute, da sinistra si alzò un coro scandalizzato e ci fu persino chi avanzò paragoni con il regime iraniano. Stavolta, qualche flebile distinguo e nulla più. A conferma del fatto che del merito delle cose se ne fregano, quello che conta è chi le dice.

La buona notizia è che l'idea di Amato andrà poco lontano. A parte i precari equilibri parlamentari, che non lasciano intravedere spazi per una simile iniziativa, è la normativa italiana sulla privacy, pur con tutti i suoi difetti, ad apparire incompatibile con i desideri del ministro. Interpellato da Libero, Francesco Pizzetti, garante della Privacy, non dà giudizi definitivi, perché aspetta di conoscere in dettaglio la proposta ufficiale. Ma sin d'ora storce il naso e avverte che «uno dei punti fondamentali della legge sulla privacy prevede che atti legali, giudiziari e amministrativi possano essere inviati a domicilio, ma con modalità che non rendano conoscibili a terzi diversi dall'interessato il loro contenuto». In parole povere, esiste un diritto alla riservatezza che ci difende anche dalla nostra portinaia e persino dalle ingerenze dei nostri familiari, e la proposta di Amato sembra passare sopra questo diritto come un Caterpillar. Le stesse parole del ministro confermano che il "bello" consiste proprio nel denunciare ai loro familiari i clienti delle prostitute. Ridacchiando davanti ai senatori, Amato ha detto che intende usare verso costoro «un pizzico di cattiveria». Qualcuno gli spieghi che un ministro, specie se è quello che comanda la polizia, non può permettersi di essere cattivo: deve essere solo giusto.

Già una volta Amato spiegò che «della privacy di uno squallido maschio che gira per la Salaria alla ricerca di ragazze dalle quali ottenere a pagamento ciò che non sa ottenere altrimenti mi interessa ben poco». Peccato che fu costretto a cambiare idea pochi mesi dopo, quando i giornali osarono pubblicare la foto del portavoce di Romano Prodi, Silvio Sircana, intento a chiedere qualcosa (informazioni stradali, si presume) a un transessuale che batteva il marciapiede. In quel caso Amato mostrò di avere a cuore la privacy dello sputtanato, eccome.

© Libero. Pubblicato il 26 settembre 2007.

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