The (Family) Day After (also included: difesa di Vauro)

Proviamo a evitare il giochino della conta di quanti stavano in piazza San Giovanni in questa e nelle manifestazioni precedenti organizzate dalla sinistra e dai sindacati, che sa tanto di gara infantile (e taroccata) a chi ce l'ha più lungo. Proviamo a stare ai fatti. Anche perché elementi certi, attorno al Family Day, ce ne sono tanti e sono importanti.

Primo. Un milione, mezzo milione o duecentomila, cambia poco. Quello che conta è che sabato in piazza San Giovanni c'erano moltissime persone, tantissime in più del previsto. Ed erano in numero incommensurabilmente superiore a quelle presenti in piazza Navona per la manifestazione dell'"Orgoglio laico". Se esibizione di massa muscolare doveva essere, essa è avvenuta ed ha avuto pieno successo.

Secondo. In piazza c'era un'Italia bellissima. Nonostante i compagnucci razzisti l'avessero paragonata a "un'orda di barbari", la manifestazione è stata pacifica e civilissima, composta nei toni e nei modi. Squadristi rossi, come quelli entrati in azione il primo maggio in quella stessa piazza, non se ne sono visti. La notazione può apparire superflua, ma è utile a rimarcare, ancora una volta, che il teppismo e l'intolleranza politica, oggi, in Italia, novanta volte su cento hanno il bollino rosso dei comunisti, dei centri sociali e del pattume no-global.

Terzo. Inutile - ovviamente - chiedere le dimissioni del governo. Anche in questo caso scimmiottare la sinistra, che pensa basti portare centomila pensionati della Cgil in gita premio a Roma per pretendere di mandare a casa l'esecutivo nemico, è un gesto patetico. Quella scesa in piazza sabato non era una manifestazione contro Prodi tout court, ma contro la politica per la famiglia di questo governo. E in particolare contro il disegno di legge sui Dico. Savino Pezzotta, portavoce del Family Day, non è certo un avversario politico del governo Prodi. Tantomeno un alleato di Silvio Berlusconi. Se la Cdl pensa davvero, al di là delle dichiarazioni rituali, di annettersi il successo della manifestazione, sbaglia di brutto.

Quarto. Invece sono tutti del centrosinistra gli imbarazzi (Piero Fassino e lo stato maggiore Ds), i silenzi e le divisioni non solo dentro la coalizione, ma all'interno dello stesso partito democratico. L'Unione esce da questa vicenda assai più malridotta di come vi era entrata.

Quinto. Per il resto è stata una prova di forza fine a se stessa. Perché il governo a rimettere mano alla norma sui Dico non ci pensa proprio, vista la fatica con cui ha trovato l'intesa sul testo già varato dal consiglio dei ministri. E soprattutto perché tutti, a sinistra come a destra, sanno che la legge non ha alcuna possibilità di essere approvata dal Senato. E' un ddl nato morto. Come confermano i timori dell'Unione, che non sta premendo in alcun modo affinché il disegno di legge venga votato in Parlamento.

Post scriptum. Detto tutto questo, tocca difendere Vauro. La sua vignetta sul Family Day ha destato scandalo. Un po' di senso dell'umorismo nella Cdl non farebbe male. La satira deve essere irriverente. La vergogna non è la vignetta di Vauro sui preti, ma il fatto che lui e tutti gli altri compagnucci poi se la facciano addosso dinanzi all'ultimo degli imam. Lo schifo non è Vauro che dileggia il Vaticano, ma Vauro che, invece di difendere le vignette su Maometto pubblicate dal Jyllands-Posten, le denuncia come «propaganda bellica». Il centrodestra invece farebbe bene a cercare di capire come mai in questo Paese l'ultimo che abba fatto satira vera sulla sinistra comunista, trattandola come si merita (e cioè a pesci in faccia, perché sono i reduci patetici di un'ideologia assassina), sia stato un certo Giovannino Guareschi.

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