Berlusconi addio, adesso il bersaglio della sinistra è Fassino

di Fausto Carioti

Roba che non si vedeva dal 1993, quando Silvio Berlusconi era ancora "solo" Sua Emittenza e non si era trasformato nell'incarnazione di tutto quello che la sinistra italiana detesta. Si chiama "M", è apparso in edicola ieri per la prima volta ed è il nuovo inserto satirico allegato all'Unità. Sedici pagine nelle quali non compaiono mai, nemmeno una volta, né il nome né la faccia né il conflitto d'interessi né i procedimenti penali né le amicizie pericolose né i tacchi rialzati di Berlusconi. Un Cavaliere inesistente, come se per la sinistra la spina nel fianco non fosse più lui. Per il leader di Forza Italia, il brutto è che è proprio così: la preoccupazione numero uno dei compagni oggi è un'altra, e fossimo in lui cercheremmo di trovare al più presto un modo per tornare in cima agli incubi della maggioranza. Per la sinistra, il brutto è che la nuova rogna da grattare si chiama partito democratico, e il posto di Berlusconi è stato preso dal segretario dei Ds. Il nuovo pericolo pubblico, quello da esorcizzare prendendolo per il sedere, adesso è Piero Fassino, l'uomo che sta guidando ciò che resta del Pci (i Ds), verso la "fusione fredda" con ciò che resta della Dc (la Margherita di Francesco Rutelli).

L'inquietudine di Sergio Staino, che dirige il nuovo giornaletto, e del resto della satira militante, ha le sue buone ragioni. Numeriche, intanto. Secondo gli ultimi sondaggi, post-comunisti e post-democristiani riuniti nel partito democratico oggi otterrebbero il voto del 23% degli elettori. Un anno fa, Ds e Margherita insieme furono votati dal 31,3% degli italiani. Nel 1987, l'ultima volta che alle elezioni politiche si presentarono Dc e Pci con i rispettivi nomi, i due rivali storici ottennero il 60,1% dei voti e il partito comunista da solo fu scelto dal 26,6% degli italiani. Ora, insieme, sulla carta i resti dei due partiti valgono meno di Forza Italia (accreditata del 27% dei consensi), che all'epoca era niente più che un coro da stadio.

Poi ci sono le ragioni che un tempo si sarebbero dette ideologiche. Agli eredi del Pci l'idea di accompagnarsi con Rosy Bindi e gli altri epigoni dello scudo crociato è gradita quanto l'uso del cilicio. Nella prima pagina di "M" c'è la parodia di Vasco Rossi: «E poi ci troveremo a pregar / o in casa del popolo a giocar (...) Voglio un partito che non è mai tardi / di quelli che non dormi mai / voglio un partito / lo voglio pieno di guai». Pagina 3, canzoncina scritta da Staino in commemorazione del 18 aprile del 1948, data della vittoria democristiana sul fronte socialcomunista: «O come è caro quel Mario Scelba / con la sua Celere e Questura / e i comunisti non ne han paura / e presto andranno a fraternizzar». Pagina 11, pubblicità di "Com'era bello il mio Pci", libro di Diego Novelli: «Una nostalgia ragionata del Partito comunista italiano e lo spietato contrappunto con la sinistra di oggi». C'è spazio anche per l'homo novus che dovrebbe costituire l'ossatura del nuovo partito. Lei gli fa: «Pensi di aderire al partito democratico?» e lui, impegnato con fare laido a palparle le parti intime: «Dipende. Se mi offrono una presidenza Asl ci faccio un pensierino».

Come sempre in questi casi, finisce che ci rimette il povero Fassino. Del resto, con chi altri dovrebbero prendersela? Così c'è il Fassino un po' pirla, imbrogliato e mandato allo sbaraglio da Massimo D'Alema (un classico dell'iconografia ulivista), il Fassino che promuove la tariffa telefonica "Accerchiato" («per chi sa farsi mettere in mezzo, da destra e da sinistra»), il solito Fassino scheletrico e malaticcio maltrattato da tutti. Non c'è livore nei confronti del segretario Ds, ma solo un senso di pena ispirato dalla inadeguatezza politica del personaggio. Per un leader di partito, probabilmente il peggiore dei sentimenti che possa ispirare.

Certo, siamo lontani anni luce da certe battute perfide e fulminanti che apparivano su Cuore (che iniziò a vivere anch'esso come inserto satirico dell'Unità) all'inizio degli anni Novanta. Titoli tipo «Ustica, vacilla l'alibi di Cocciolone» oppure «Fiat, successo del progetto qualità totale: a Rieti una Duna si è messa in moto», per non dire dell'infame «Salvo Lima come John Lennon, ucciso da un fan impazzito». Anche se tra gli autori della nuova rivista ce ne sono alcuni del vecchio gruppo di Cuore - a cominciare dallo stesso Staino - il confronto è avvilente.

Saranno gli anni e i chili di troppo, sarà che dopo essere finiti sotto un treno chiamato Berlusconi non sono più gli stessi, sarà che nonostante il governo Prodi (anzi: proprio a causa di esso) gli elettori di sinistra in questo periodo hanno i bioritmi ai minimi storici, e gli autori di satira non fanno eccezione. Fatto sta che ieri riuscire a sorridere mentre si sfogliavano quelle sedici pagine era davvero difficile. In copertina, l'inserto satirico dell'Unità si definisce un «periodico di filosofia da ridere e politica da piangere». Grazie a Fassino e al partito democratico, il secondo obiettivo è stato raggiunto con facilità. Per il primo c'è ancora tanto da lavorare.

© Libero. Pubblicato il 17 aprile 2007.

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