Via dall'Italia l'imam di Torino

di Fausto Carioti

Esame di maturità politica per Giuliano Amato. Il quale, giunto all’età di 69 anni, sarebbe ora che ci facesse capire di che pasta è fatto. È succube dei suoi alleati Comunisti italiani, legati a doppio filo con l’islam antioccidentale, o sta facendo sul serio il ministro dell’Interno? Ha una visione politica forte dell’integrazione degli immigrati in Italia, come certe volte sembra trasparire dalle sue parole, o anche lui, a conti fatti, non è capace di schiodarsi dalle frasi fatte sulle gioie del multiculturalismo, come fosse una Rosy Bindi qualunque? È preoccupato solo della «islamizzazione» dei vescovi italiani, come ci ha fatto sapere di recente commentando le reazioni della Chiesa sul riconoscimento delle unioni omosessuali, o si pone anche il problema dell’islamizzazione estremista degli immigrati? Lo sapremo presto. L’occasione al ministro e all’intero governo Prodi la offrono il signor Khohalia, imam marocchino della piccola moschea degli orrori di via del Cottolengo, a Torino, e il suo collega della vicina moschea di via Saluzzo. Se Amato applicherà la legge e li sbatterà fuori dall’Italia subito, in queste ore, nessuno potrà dire che stavolta non ha fatto il suo dovere. Se per amore di quieto vivere il ministro fingerà invece di non aver visto quello che le telecamere di Anno Zero hanno mostrato, come piacerebbe a tanti suoi alleati per i quali gli unici stranieri che debbono essere espulsi dall’Italia sono i soldati americani della base di Vicenza, gli italiani sapranno chi ringraziare.

Le immagini registrate clandestinamente dalla giornalista Maria Grazia Mazzola nelle due moschee e mandate in onda da Michele Santoro mostrano che l’islam, almeno quello salafita (il cui obiettivo è tornare alla “salafiyya”, la religione dura e pura dei tempi di Maometto), che comanda nei due luoghi di culto torinesi, in Italia è già abbastanza forte e sicuro di sé da incitare all’uccisione degli “infedeli” e alla sottomissione delle donne. L’imam di via del Cottolengo è stato ripreso dalle telecamere mentre predica ai suoi musulmani: «Non vi integrate con gli occidentali», state lontani dagli «infedeli» ebrei e cristiani. Da bravo islamico integralista, Khohalia ne ha anche per la donna: «tenetela sottomessa» è il suo consiglio. Del resto, l’attuale imam era uno stretto collaboratore del suo predecessore, Bouiriqi Bouchta, che fu espulso nel settembre del 2005 dal ministro Beppe Pisanu per «grave turbamento dell’ordine pubblico e pericolo per la sicurezza dello Stato». Bouchta, ovviamente, sostenne di essere vittima di «un’espulsione politica», e Romano Prodi s’indignò al punto da chiedere al governo Berlusconi di «chiarire i motivi dell’espulsione dell’imam di Torino».

Nella moschea, però, non è cambiato nulla. Adesso si invita allo sgozzamento del nemico: «Con gli atei nessun compromesso, si uccidono e basta», si legge su “Il pulpito del jihad”, uno dei giornali di Al Qaeda distribuito da Khohalia e filmato di nascosto da Anno Zero. Le pubblicazioni inquadrate dalla telecamera abbondano di lezioni di strategia militare e di elogi per il tagliatore di teste Al Zarqawi, indicato come modello di virtù islamiche. In quei locali di via del Cottolengo, la subordinazione delle donne rispetto agli uomini è materia di normale discussione. Gli stessi deliri di misoginia islamica e gli stessi appelli al jihad, la guerra santa, sono stati filmati nella moschea di via Saluzzo. Del resto, che nelle moschee torinesi la situazione fosse diventata pesante proprio a causa delle infiltrazioni dei salafiti, arrivati nella provincia dotati di mezzi economici tanto robusti quanto misteriosa è la loro origine, era cosa nota da tempo, anche grazie agli allarmi lanciati da alcuni coraggiosi esponenti della comunità marocchina in Italia.

Quello mostrato giovedì sera da Santoro è un genere giornalistico che sta prendendo piede, anche perché - purtroppo - si tratta di un lavoro d’inchiesta che paga sempre. Due mesi fa Controcorrente, la trasmissione realizzata da Corrado Formigli per Sky, aveva mostrato scene inquietanti dalle moschee di Milano e di Varese. L’imam di viale Jenner, l’egiziano Abu Imad, era stato filmato impegnato con tre cellulari a parlare di notevoli somme di denaro - migliaia di euro - sulla cui provenienza forse qualcuno avrebbe potuto indagare, e aveva spiegato chiaramente che le democrazia italiana, per lui, è il mezzo per arrivare a imporre la sharia, la legge islamica, nel nostro Paese. Poche settimane prima, in Gran Bretagna, il canale pubblico Channel 4 aveva fatto vedere ai telespettatori, sempre grazie a riprese effettuate “sotto copertura”, che tanti imam sino ad allora considerati moderati usavano i sermoni per invitare i fedeli al jihad. Uno di questi imam aveva detto che gli islamici devono «vivere come uno Stato all’interno dello Stato» fin quando non saranno «forti abbastanza da prendere il potere». L’Italia ha molti meno immigrati musulmani rispetto all’Inghilterra, ma a giudicare anche dall’inchiesta di Anno Zero la situazione non sembra essere meno grave.

Davanti a questa situazione, il ministro Amato ha tutti i mezzi per agire. Sin dai tempi della legge Turco-Napolitano, voluta dal governo dell’Ulivo nel 1998 proprio per regolamentare l’immigrazione ed evitare che avvengano cose come quelle filmate nelle due moschee torinesi, è previsto che «per motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato, il ministro dell’Interno può disporre l’espulsione dello straniero anche non residente nel territorio dello Stato». Ora, una norma che punisce la libertà d’opinione può piacere o meno, e molti liberali (categoria cui appartiene chi scrive) possono non condividere del tutto le ragioni di una simile norma. Fatto sta che quella legge esiste, è stata introdotta da due pezzi da novanta della sinistra italiana (uno dei quali nel frattempo è diventato presidente della Repubblica) e, se non la si usa in casi come questo, non si capisce quando dovrebbe servire.

I primi segnali autorizzano a temere il peggio. Ieri, all’indomani della trasmissione, tutto ciò che Amato ha saputo fare è stato dirci che «il problema è assai complesso e occorre pensare ad un accreditamento degli imam da parte di interlocutori islamici». Una reazione all’altezza della sua fama. Era lecito attendersi un’ispezione nei locali delle due moschee salafite, ma nulla di simile risulta essere avvenuto. In compenso si è mossa la Digos di Torino, facendosi consegnare la registrazione integrale del materiale filmato dalla troupe di Santoro, che ovviamente sarà studiato con attenzione. Fatto sta che chi doveva nascondere materiale compromettente ha avuto tutto il tempo per farlo.

La scelta del ministro è solo politica. Se Amato ritiene che non vi siano «motivi di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato» nemmeno davanti a due imam nelle cui moschee gli islamici sono invitati a ucciderci e a umiliare le loro stesse donne, abbia il coraggio di dire che quella norma introdotta dalla legge Turco-Napolitano è una porcheria fascista e che ognuno, in Italia, è libero di invitare allo sgozzamento di chiunque gli stia sulle scatole. Altrimenti, se non la pensa così, agisca subito. Ma eviti di fare quello che, secondo i suoi ex compagni socialisti, gli riesce meglio sin da quando era nella squadra di Bettino Craxi: mettere la testa sotto la sabbia aspettando che la situazione si calmi. Stavolta non funzionerà.

© Libero. Pubblicato il 31 marzo 2007.

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