Al Senato hanno perso i nostri soldati

Tra un governo che ormai, sistematicamente, non riesce più ad avere la maggioranza dei suoi senatori e un centrodestra che dal punto di vista tattico si è giocato la partita della votazione sul rifinanziamento della missione militare in Afghanistan come peggio non poteva (colpa della volontà di Pier Ferdinando Casini di smascarsi a tutti i costi da Silvio Berlusconi e di ritardare il più possibile la fine della legislatura, ma non solo), chi perde davvero alla fine sono i nostri duemila soldati in Afghanistan.

I quali, nello stesso giorno, perdono l'appoggio formale di gran parte del centrodestra e, per volontà del centrosinistra, non ottengono le certezze necessarie dal punto di vista degli armamenti e delle regole d'ingaggio. L'ordine del giorno di Roberto Calderoli, che «impegna il Governo a promuovere tutte le iniziative finalizzate a garantire la sicurezza del nostro personale militare e civile presente sul territorio afgano», anche se approvato, ha una formulazione talmente vaga da influire poco o niente sull'assetto dei nostri soldati, e questo spiega perché è stato votato anche dai senatori dell'estrema sinistra (311 voti favorevoli, 3 contrari).

Anche se un ordine del giorno non ha forza di legge, ben diversamente sarebbero andate le cose se fosse stato approvato quello proposto dal capogruppo forzista Renato Schifani, che avrebbe impegnato il governo «a dotare, in tempi brevi, i nostri militari di armi di difesa attiva, come ad esempio veicoli di massima blindatura, elicotteri, postazioni predisposte per il tiro, armamenti e apparecchiature per attivare la reazione immediata in caso di attacco, procedure di intervento e contrasto in caso di violazione delle zone perimetrali, al fine di garantire adeguati strumenti che consentano di fronteggiare eventuali scontri, eliminando così quanto più possibile il rischio della vita dei soldati». Ma esso, anche se votato dall'Udc, è stato respinto con 160 voti contrari, 155 favorevoli e un astenuto: non avrebbe mai avuto i voti favorevoli della sinistra estrema, e tra Giovanni Russo Spena e i soldati italiani Massimo D'Alema non ha avuto dubbi su chi scegliere.

Assieme ai nostri soldati, ovviamente, perdono i loro alleati, che non possono contare sull'appoggio totale dei militari italiani, i quali, oltre che dal vincolo dei mezzi, continueranno a essere limitati dai caveat che gli americani vorrebbero levare, e che per motivi politici il governo Prodi insiste nel mantenere. Il conto alla rovescia per l'arrivo della controffensiva dei talebani, intanto, è iniziato da un pezzo.

Addendum. Qui il resoconto stenografico della seduta tenuta nell'aula del Senato martedì 27 marzo, con allegati i documenti votati.

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