Al cabaret dell'Unione

di Fausto Carioti

I nostalgici di Aldo, Giovanni e Giacomo, dei fratelli Guzzanti e degli altri protagonisti della nouvelle vague comica italiana sono finalmente accontentati. Basta rimpianti: è arrivato chi sa fare di più e di meglio. Il nuovo tempio della risata si chiama “Question Time” e va in onda tutti i mercoledì su Rai Tre, alle ore 15, rigorosamente in diretta dall’aula di Montecitorio. In origine doveva essere una cosa noiosissima: i parlamentari, specie quelli dell’opposizione, tramite cavillose interrogazioni chiedono conto ai ministri del loro operato, e i ministri spiegano, si giustificano, talvolta annaspano. Il tutto ripreso dalle telecamere e mostrato senza filtri agli elettori. Ma era troppo barboso, troppo impegnativo. Così, approfittando del perdurante sonno del centrodestra, ministri e parlamentari dell’Unione hanno pensato bene di dare un’aggiustatina al format. Adesso loro si fanno le domande e loro stessi si danno le risposte. Dove per “loro” non s’intende i compagni di coalizione, ma uomini dello stesso partito, amici fraterni. Senza quella tensione che caratterizza i rapporti tra maggioranza e opposizione e che rischia di rovinare la splendida immagine che l’esecutivo Prodi si è costruito in questi mesi. Domandine facili facili, su argomenti comodi comodi, poste in modo ossequioso. «Signor ministro, cosa sta facendo lei per migliorare il nostro Paese?». «Grazie della domanda, onorevole deputato. Stiamo realizzando cose molto importanti, che adesso le elenco». «Signor ministro, le sue argomentazioni mi hanno davvero convinto: gli italiani dovrebbero essere orgogliosi di lei». Il risultato televisivo è eccezionale: governo e maggioranza si regalano uno spot di un’ora e un quarto, e con simili performance esilaranti mettono in difficoltà l’odiata Mediaset, la cui scuderia di comici, per nutrita e strapagata che sia, al confronto pare composta da debuttanti.

L’ultima puntata di “Question Time” è destinata a diventare un cult. Il governo ha risposto a tredici interrogazioni, la maggior parte delle quali, ovviamente, rivolte dagli uomini della maggioranza. A scaldare il pubblico ci ha pensato il ministro per la Famiglia Rosy Bindi, alla quale i suoi colleghi di partito si sono rivolti così: «Ministro, le rivolgiamo una domanda che tante famiglie italiane vorrebbero rivolgerle. Come intende dare attuazione concreta agli interventi stabiliti in Finanziaria?». Forse, a guardare i sondaggi, le cose che vorrebbero dire le famiglie italiane al ministro sono altre. Fatto sta che la Bindi ringrazia per la domanda (e ci mancherebbe), recita il suo spot e la parola torna agli interroganti. La scenetta si conclude in tripudio, con il deputato Giovanni Burtone, collega di partito di vecchia data della Bindi, il quale si dice nientemeno che «pienamente soddisfatto non soltanto della risposta, ma soprattutto dell’azione concreta messa in campo dal ministro a sostegno della famiglia italiana». La Bindi fa una piega alla bocca che gli osservatori parlamentari più esperti interpretano come un sorriso: il carosello pubblicitario è andato bene.

Il pezzo forte della puntata, però, aveva per protagonista Alfonso Pecoraro Scanio, uno di quei Verdi che se per un giorno non appare in televisione va in depressione come un panda in cattività. A fargli da spalla, Roberto Poletti, deputato del suo stesso partito. Il quale, casomai qualche telespettatore rischiasse di fraintendere, ha fatto capire subito che si trattava di uno scherzo tra amici e non di un vero atto parlamentare: «Debbo premettere che non devo certamente sensibilizzare lei, ministro Pecoraro Scanio, sul tema dei cambiamenti climatici, che rappresenta l’argomento della mia interrogazione. Infatti, i Verdi, dei quali lei è presidente nazionale, e gli ambientalisti denunciano da troppi anni quanto sta accadendo, ma sono sempre stati tacciati di catastrofismo, di opportunismo politico e anche di essere dei “menagrami”!». Poletti la tira per le lunghe, sin quando Giulio Tremonti, che presiede l’aula, orologio in mano gli intima di arrivare al dunque. «Chiedo, in buona sostanza, in quali termini concreti - e sottolineo concreti - l’emergenza ambientale sia al centro delle azioni di questo governo». Lo immaginate Sandro Bondi che prova a domandare a Silvio Berlusconi, con aria di sfida, cosa ne pensa delle tasse italiane? Stessa cosa, però recitata meglio.

Pecoraro Scanio ringrazia e promette di usare i soldi dei contribuenti per frenare quanto più possibile il già lento sviluppo industriale italiano, così come previsto dal programma dei Verdi. Entusiasta, l’onorevole Poletti loda ulteriormente il suo ministro e, da quell’animale televisivo che è, mostra un piccolo vaso di fiori: «Sono uno di quelli che si illude di non vedere le primule fiorire con due mesi di anticipo». Applausi dai banchi dei Verdi. Strameritati: a parte qualche errore nel copione (si dice “menagramo”, anche al plurale) i due sono stati bravissimi. Per quante volte possano averla provata insieme, non era facile ripetere l’intera scenetta davanti alle telecamere senza scoppiare a ridere.

Il racconto, infatti, acquisisce ulteriore comicità alla luce del forte rapporto che lega i due. Il ministro non solo è il leader del partito in cui milita Poletti, non solo è il suo ultimo pigmalione, ma è anche legato al giovane deputato (classe 1971) da una speciale amicizia che lo ha portato a spaccare la federazione milanese del suo partito pur di candidarlo. Poletti, personaggio conosciuto soprattutto al Nord, viene dalle schiere dei verdi, ma quelli padani, e prima di stare col Sole che ride è stato col Sole delle Alpi, il periodico della Lega che ha diretto alla fine degli anni Novanta, quando era anche direttore dei programmi di Radio Padania. Poi è passato alle tv locali lombarde, ottenendo sempre un discreto successo grazie a un certo modo assai poco politicamente corretto di affrontare gli argomenti.

Del resto, è stato proprio militando con la Lega che Poletti ha imparato a fare le sue prime domande al governo. Come in quell’articolo, apparso sulla Padania nell’agosto del ’97, per il quale i suoi attuali alleati di Rifondazione Comunista lo volevano far rimuovere dall’albo dei giornalisti. Poletti si rivolgeva all’allora governo Prodi: «Quando ci libererete dai negri, dalle puttane, dai criminali, dai ladri extracomunitari, dagli stupratori color nocciola e dagli zingari che infestano le nostre spiagge, le nostre vite, le nostre menti?». Cambiare, è cambiato parecchio. I motivi si possono solo immaginare.

© Libero. Pubblicato il 20 gennaio 2007.

Post scriptum. Per gli interessati, qui si può leggere il resoconto stenografico della seduta di mercoledì 17 gennaio.

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