Succede in Europa

«Rushdie, Hirsi Ali, il Papa. Chi sarà il prossimo?» si chiedeva Der Spiegel poche settimane fa. Non si è dovuto attendere molto per conoscere la risposta. Il "prossimo", si è scoperto, si chiama Robert Redeker. E' insegnante di liceo a Tolosa e il crimine per il quale è stato condannato a morte dai jihadisti che vivono in Francia e in altri Paesi d'Europa grazie al generoso welfare pagato da quelli che ritengono esseri inferiori è stato aver scritto questo articolo di commento alle reazioni musulmane al discorso di papa Benedetto XVI a Ratisbona. Ha messo nero su bianco ciò che pensa del corano, e cioè che «est un livre d’inouïe violence» e su Maometto: «Exaltation de la violence: chef de guerre impitoyable, pillard, massacreur de juifs et polygame, tel se révèle Mahomet à travers le Coran», e per averlo fatto gli estremisti islamici lo hanno condannato a morte - confermando così la fondatezza della sua accusa. Come scrive Magdi Allam, l'offerta oggi è questa: «Non ti taglio la gola a condizione che ti tagli la lingua». A noi la scelta.

Redeker non è certo è il primo. Il primo, almeno il primo a finire nelle cronache, fu Salman Rushdie, scrittore inglese di origini indiane, nel 1989. Condannato a morte dalla fatwa dell'ayatollah iraniano Khomeini per la pubblicazione dei suoi "Versetti satanici" e costretto a vivere gli anni seguenti in Gran Bretagna e Stati Uniti nascosto come un topo. Anche nella "sua" Inghilterra, dove oggi vivono 1,6 milioni di islamici, il 15% dei quali dichiara , senza problemi, di ritenere "giustificabili" gli attentati kamikaze compiuti dai loro correligionari; il 73% ritiene che la colpa degli scontri seguiti alla pubblicazione delle vignette danesi sia della "mancanza di rispetto" degli occidentali; l'81% si ritiene prima di tutto un islamico, e solo in subordine un cittadino inglese - mentre tra i cittadini inglesi che si definiscono "cristiani" la percentuale di chi mette prima l'appartenenza religiosa rispetto alla nazionalità è del 24%. (Per tutti questi dati vedere sondaggio 1 e sondaggio 2). Tutti segni evidenti che nel Regno Unito hanno qualche problemino d'integrazione con i musulmani.

L'ipotesi dello sgozzamente di Rushdie, ovviamente, era tutt'altro che remota: il traduttore in giapponese dei libri di Rushdie, Hitoshi Igarashi, fu ucciso a Tokio nel 1991 da un fanatico islamico. Nello stesso anno fu accoltellato - in Italia - Ettore Capriolo, traduttore dei libri di Rushdie in italiano, il quale riuscì però a salvarsi. L'autore dell'aggressione, avvenuta nell'appartamento di Capriolo, a Milano, era uno sconosciuto che gli aveva detto di essere iraniano. L'anno precedente Capriolo era stato minacciato dagli integralisti arabi, e fino a poco tempo prima dell'aggressione era stato protetto dalla scorta. Nel 1993 fu ferito in un attentato William Nygaard, editore norvegese di Rushdie. La pista delle indagini portò subito in Iran, causando il blocco dei rapporti diplomatici di tra Oslo e Teheran. E in quella Turchia che sta per entrare nell'Unione europea morirono in 37 nel Madimak Hotel, l'albergo incendiato da una folla di estremisti che protestavano contro il traduttore locale di Rushdie, il liberale di sinistra Aziz Nesin.

Ayaan Hirsi Ali è dovuta fuggire dall'Olanda negli Stati Uniti. Nata in Somalia, fuggita in Olanda per sottrarsi alla misoginia dell'islam, è stata lei, assieme a Theo Van Gogh, a rompere la censura che la società olandese, politicamente corretta oltre i limiti della vigliaccheria, aveva steso sulla violenze ai danni delle donne e i pestaggi degli omosessuali compiuti dalla peggiore gioventù islamica olandese. E' lei l'autrice dei testi di Submission, il film di Theo Van Gogh sull'oppressione delle donne nell'islam. Film che le è valso una lunga serie di nemici tra gli islamici. Un gruppo rap di immigrati marocchini, chiamato Dhc, le dedicò pubblicamente una canzone che faceva: "Ti ridurrò in piccoli pezzi e ti getterò in uno dei sette mari". Il 2 novembre del 2004, sul corpo di Theo Van Gogh, affisso con il coltello che aveva sgozzato il regista, l'assassino islamico aveva lasciato un messaggio anche per lei: "So con certezza, Hirsi Ali, che tu sarai distrutta". Dal 2003 al 2006 la giovane somala è stata membro del parlamento olandese, dove si è battuta per i diritti delle donne immigrate calpestati dall'islam. Le continue minacce di morte e la vita da segregata che era costretta a condurre l'hanno convinta a varcare l'oceano per trasferirsi dall'altra parte dell'Atlantico, decisamente più sicura. Ora lavora per il think tank conservatore American Enterprise Institute, da dove, lei che lo ha visto dal di dentro, racconta così l'islam europeo e le povere donne condannate a farne parte:

The biggest obstacle that hinders Muslim women from leading dignified, free lives is violence--physical, mental, and sexual--committed by their close families. Here is only a sample of some of the violence perpetrated on girls and women from Islamic cultures:
- Four-year-old girls have their genitals mutilated: some of them so badly that they die of infections; others are traumatised for life from the experience and will later suffer recurrent infections of their reproductive and urinary systems.
- Teenage girls are removed from school by force and kept inside the house to stop their schooling, stifle their thinking and suffocate their will.
- Victims of incest and sexual abuse are beaten, deported or killed to prevent them from filing complaints.
- Some pregnant victims of incest or abuse are forced by their fathers, older brothers, or uncles to have abortions in order to keep the family honour from being stained. In this era of DNA testing, the girls could demonstrate that they have been abused. Yet instead of punishing the abusers, the family treats the daughter as if she had dishonoured the family.
- Girls and women who protest their maltreatment are beaten by their parents in order to kill their spirits and reduce them to a lifelong servitude that amounts to slavery.
Many girls and women who can't bear to suffer any more take their own lives or develop numerous kinds of psychological ailments, including nervous breakdown and psychosis. They are literally driven mad.
- A Muslim girl in Europe runs more risk than girls of other faiths of being forced into marriage by her parents with a stranger. In such a marriage -- which, since it is forced, by definition starts with rape -- she conceives child after child. She is an enslaved womb. Many of her children will grow up in a household with parents who are neither bound by love nor interested in the wellbeing of their children. The daughters will go through life as subjugated as their mothers and the sons become -- in Europe -- dropouts from school, attracted to pastimes that can vary from loitering in the streets to drug abuse to radical Islamic fundamentalism.


La lucidità e la spietatezza della sua denuncia spiegano perché Hirsi Ali sia, oggi, la nuova Rushdie: difficilissimo, in Europa, trovare qualcuno che sia disposto a tradurre i suoi libri.

Condanna a morte è stata anche emessa per Flemming Rose, il responsabile della sezione cultura del Jyllands-Posten, il quotidiano danese che il 30 settembre del 2005 ha pubblicato le vignette satiriche su Maometto, il quale in seguito alle proteste (iniziate mesi dopo la pubblicazione dei disegni) si è dovuto ritirare dal lavoro, mettendosi in ferie per un tempo indefinito. Condanna a morte hanno dovuto subire anche i disegnatori delle vignette. Rose ha spiegato così le sue ragioni: «Ho notato troppi casi di autocensura (in Europa, ndr): Kare Bluitgen, autore di un libro per bambini sulla vita di Maometto, non trovava illustratori; a Londra, la Tate Gallery ha scelto di non mostrare God is Great , un’opera di John Latham sui punti di contatto tra le religioni; il comico danese Frank Hvam ha detto che nei suoi sketch poteva forse dileggiare la Bibbia ma aveva paura di prendersela con il Corano; in tutta Europa non si trovavano traduttori di un libro di Ayan Hirsi Ali e chi lo faceva preferiva restare anonimo, ad esempio in Finlandia, per non fare la fine di Theo Van Gogh». Migliaia di islamici (quelli che non si sono mai visti in piazza per protestare contro il terrorismo) sono scesi nelle strade per protestare contro la pubblicazione delle vignette. Il partito pachistano Jamaaat-e-Islami ha offerto 500 corone danesi a chiunque avesse ucciso almeno uno dei disegnatori responsabili dell'offesa al profeta. E il Jyllands-Posten, in seguito alle numerose minacce di morte ricevute, ha dovuto assumere guardie private per proteggere i suoi dipendenti.

Poi c'è la Francia, dove Jacques Lefranc, direttore del quotidiano France Soir, è stato licenziato in tronco dal suo editore, l’uomo d’affari franco-egiziano Raymond Lakah, per aver pubblicato le vignette già apparse sul Jyllands-Posten. Quella Francia dalla quale gli ebrei hanno iniziato, in silenzio, ad andarsene. La stessa Francia dove il sociologo Guy Millière, traduttore di Friedrich August von Hayek, è stato minacciato di morte per aver denunciato ciò che accade nel suo Paese in articoli come questo:

Economically speaking, France is decaying, full speed. (...) Her population is growing old, and no money is available to take care of the large number of senior citizens in the years to come. The greater part of young people are Muslim, not integrated with French society, and almost illiterate.

In fact, the only things that are growing in France right now are crime and Islamism. Some readers have been amazed by the fact that teenaged girls and young women in many city districts have to wear the Islamic veil if they do not want to be harassed, but it gets worse. A few weeks ago, a young Arab burnt a teenaged girl alive in the suburbs of Paris. He was convicted of murder, but he became a hero and an example for other young Arabs living in the same kind of areas. Two month ago, ten Arab men who raped another teenaged girl in another district were convicted and condemned to spend five years in jail. Yes, just five years. Their families left the court of justice shouting to the journalists it was unfair and they would look out for revenge. Eight days later, the court was burnt down during the night. The teenaged girl and her family have had to leave Paris, and hide in another part of the country.

I have written columns in the French press concerning what’s happening. The response has been death threats, with color pictures of slit throats, anti-Semitic insults. There were Muslims in France thirty years ago, but they were not like the Muslims of today. They were moderate, they did not feel they could wield decisive political power in France, they did not think they were at war against western civilization. Now it’s clear that they think they are at war. (...)

Within twenty years, Muslims will be a majority in France. And if nothing changes, they will be radical Muslims.


O come questo:

Almost every week, some Jews get mugged, simply for being Jews. Almost nobody pays attention to it. When an anti-Semitic act is so disgusting it is impossible to hide it, journalists will speak of "confrontation between communities." When confronted with the reality that these "confrontations" are always Muslims attacking Jews, the editorial response: "Just because there has yet to be a single documented case of a Jew attacking a Muslim yet doesn't mean it will never happen. . . ."

And Jews are not the only victims of France's new identification with radical Islam. In many French cities with a growing radical Islamist population, no teenage girl can go out in the evening, at least not without a full burqa. If she does, it will mean that "she is for everybody": in short, a whore. In the same cities, every teenage girl - regardless of religion - has to wear the Muslim veil if she does not want to be harassed or killed. Almost every month, a young woman is mugged and raped in a suburb of a big city. Gang rape has become so frequent that a new word, used by the rapists themselves to define their hideous actions, is used by everybody: tournantes (revolving). To the rapists, the woman is nothing, a mere object to be thrown away after use. The people who speak about "revolving" seem to forget a human being is involved as the victim. Policemen do nothing. Every decent person knows the problem is Islam, but no one dares to say it. It could be dangerous. (...)

If you want to understand why all this is happening, you have to understand one thing: thirty years ago, French governments started to have a new foreign policy. They called this new policy, "Arabian Policy." France became closer to Arab countries - all of them disgusting dictatorships. France "benefited" by doing business easily in these countries. In exchange, France had to push Europe to unknot its ties with Israël and the United States. In exchange too, "professors" came from the Arabian dictatorships to teach the Arabic language to the young Arabs living in France. The only book they used to teach the Arabic language was THE book, Al Kuran.

Now comes the time to pay the check: six million Muslims live in France, at least ten per cent of them are radical Islamists poised on the edge of violence. And these radical Muslims have allies on both the extreme Left and the extreme Right. France is not a Western country anymore, it is now the leader of the Arab/Muslim world.

Millière scrive che «almeno il dieci per cento» degli islamici francesi sono fondamentalisti islamici pronti all'uso della violenza. I sondaggi dicono che il 16% degli islamici francesi dichiara di condividere "spesso o talvolta" gli attentati terroristici dei kamikaze contro i civili. Anche i problemi d'integrazione denunciati da Millière trovano conferma nei sondaggi: meno della metà degli islamici francesi (il 48%) crede che gli attentati dell'11 settembre 2001 siano stati compiuti da dirottatori arabi, e, su 100 di loro, 46 si definiscono prima "islamici" che "francesi", mentre 42 danno la risposta inversa (tra i cristiani francesi, 24 su 100 mettono prima la loro appartenenza religiosa, mentre 56 si definiscono innanzitutto come cittadini francesi). La sensazione che l'estremismo islamico all'interno dei confini nazionali sia un problema "molto preoccupante" è condivisa oggi dal 30% dei francesi (sondaggio 1 e sondaggio 2).

Nei sobborghi francesi, dopo i disordini parigini dello scorso anno, sono iniziate le prime prove di intifada europea. Spesso l'odio lo si coltiva già piccoli e lo si mette in pratica da adolescenti, come conferma la recentissima notizia della ragazza di 14 anni aggredita e presa a sassate dai suoi compagni di scuola a Lione, in Francia, perché accusata di aver mangiato un sandwich, violando così i precetti del ramadan.

Nel 2003, a Parigi, Louis Chagnon, insegnante in una scuola media, era stato oggetto di minacce di morte, oltre che di una denuncia per odio razziale, per aver detto in classe che Maometto era responsabile dello sterminio della tribù dei Qurayza, nel 627. Punito da una sanzione disciplinare, che lo ha ritenuto colpevole di «insegnare la storia con giudizi di valori in termini indegni della responsabilità a lui affidata», si è dimesso dall'insegnamento e ha controdenunciato, nonostante le querele nei suoi confronti fossero state tolte in seguito al provvedimento disciplinare.

Così non c'è da stupirsi se proprio in Francia è scoppiato il caso di Robert Redeker. Il quale, intanto, minacciato anche lui di morte, ha perso casa e lavoro. Bernard Henry Levy tira le somme nell'unico modo concepibile da un punto di vista liberale: «Occorre essere consapevoli del fatto che, in un tale scontro, la minima debolezza, il minimo indugio verbale o addirittura mentale quanto all'imprescrittibile e universale diritto di pensare e pubblicare ciò che si vuole sulle religioni come su tutto il resto; la minima ammissione di "disagio", il minimo "richiamo" ministeriale o affini, il minimo riferimento a presunti «limiti» da non oltrepassare nell' esercizio del libero pensiero i quali, nella fattispecie, sarebbero stati superati, rappresenterebbe un tragico regalo all' avversario nel corso di una grande battaglia: come per la vicenda delle vignette; come l' universale levata di scudi in seguito al discorso di Benedetto XVI a Ratisbona, di cui poi si è dovuto in qualche modo scusare; come l' annullamento, la scorsa settimana, a Berlino, di un'opera di Mozart critica verso tutte le religioni ma ritenuta, non si sa perché, particolarmente offensiva nei confronti dei musulmani...».

Chi vuole sottoscrivere pubblicamente una dichiarazione di solidarietà a Redeker - non per condividere quello che ha scritto, ma in difesa del suo sacrosanto diritto a scriverlo - può farlo qui.

Per citare ancora Der Spiegel: «Cosa ci attende adesso? Forse l'accusa che Allah si sente insultato dalle tante donne europee che in estate indossano il bikini in spiaggia. Può essere davvero qualunque cosa - i militanti islamisti troveranno sempre un motivo. Ma la risposta deve essere ferma».

Salman Rushdie, William Nygaard, Aziz Nesin, Ettore Capriolo, Ayaan Hirsi Ali, Theo Van Gogh, Flemming Rose, Louis Chagnon, Guy Millière, Robert Redeker... L'elenco è lungo. Braccati, insultati, condannati a morte. Qualcuno ha perso la vita, molti hanno perso il lavoro e sono stati costretti a lasciare la loro casa, a nascondersi come criminali insieme alle loro famiglie. Solo per aver esercitato quel diritto alla libertà di espressione che tutti diamo per scontato, anche se non lo è, e con il quale tutti ci riempiamo la bocca. Mentre l'establishment europeo, imbelle, è indeciso se scrivere l'ennesimo, inutile appello al dialogo assieme a chi ha allestito la gogna o invitarlo all'ennesima, inutile conferenza. Succede in Europa, a casa nostra. Nella patria di Voltaire e Alexis de Tocqueville. Succede oggi.

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