Telecomgate: il primo cambio di vento dall'inizio della legislatura

A ulteriore conferma del fatto che aveva ragione Rudyard Kipling a scrivere che successo e insuccesso sono due grandi impostori, e che come tali debbono essere trattati, Romano Prodi, poche ore dopo aver incassato il sì di due terzi della Cdl alla missione italiana in Libano, si trova nella situazione peggiore da quando è nato il suo governo: messo sotto accusa e lasciato solo dagli alleati dopo che il suo principale collaboratore è stato scoperto con le dita nel vasetto della marmellata. E questo senza che la Casa delle libertà abbia fatto alcunché per meritarselo. Per il centrodestra, infatti, si tratta di un regalo tanto prezioso quanto inaspettato. Niente di nuovo: come scritto più volte, la politica italiana è messa così male che il vero punto di forza dei due schieramenti è l'altrui debolezza. Le dimissioni di Marco Tronchetti Provera dalla presidenza di Telecom Italia, poi, contribuiscono a creare un clima apocalittico attorno all'intera vicenda del Telecomgate e non migliorano certo la situazione di Prodi. Né la consegna dell'indebitatissimo gruppo alla presidenza di Guido Rossi (area ds) rafforza il presidente del consiglio.

L'opposizione vuole processare il premier in parlamento. Come noto, la richiesta è partita dopo che si è saputo che Angelo Rovati, strettissimo collaboratore di Prodi, fino a poco tempo fa incaricato di fare fund raising per il Professore, ha inviato a Tronchetti Provera, su carta intestata di palazzo Chigi, uno studio dettagliato - 28 pagine condite di numeri e grafici - nel quale suggerisce di scorporare la rete telefonica e farla passare sotto il controllo della Cassa depositi e prestiti, diventata ormai ufficialmente la nuova Iri. In altre parole, negli uffici della presidenza del consiglio c'era chi, vicinissimo al premier, sapeva tutto delle intenzioni del presidente di Telecom, al punto da suggerirgli un modo alternativo e condiviso dal governo per ridurre l'indebitamento del gruppo (ovviamente con i soldi dei contribuenti, secondo la migliore tradizione della sinistra). E questo nonostante il presidente del consiglio abbia giurato di non saperne nulla. Per inciso, appare chiaro che il documento preparato da Rovati e portato all'attenzione dei giornali sia saltato fuori proprio dai cassetti dei vertici di Telecom, incavolati per l'atteggiamento di Prodi.

Alle pressioni della Cdl il premier risponde - sincero, almeno in questo caso - che sarebbe «da matti» accettare di riferire in aula sulla vicenda. Ma Prodi in questo momento è solo. Ds e Margherita, freddissimi nei suoi confronti, ancora non hanno mosso un dito per difenderlo. Presto, sebbene obtorto collo, dovranno mettersi al suo fianco, perché se non intervengono rischiano davvero di vedere rovinato il loro investimento. I radicali chiedono addirittura a Prodi di accettare la richiesta della Cdl e rendere conto al parlamento. Gli unici a stare "senza se e senza ma" con il presidente del consiglio sono ancora una volta gli esponenti dell'estrema sinistra, consapevoli del fatto che se salta Prodi si fa un bel governo di larghe intese e loro possono dire addio alle poltrone.

Di solito il capo del governo può sottrarsi al tiro a segno dei parlamentari dell'opposizione inviando al suo posto, a rispondere, un vicepremier o un ministro. Stavolta, però, l'operazione appare difficile, anche se resta tra le soluzioni possibili. Rovati, infatti, non ha alcun rapporto ufficiale con il governo: è un consigliere economico-politico personale di Prodi, al quale è legato da un rapporto di fiducia. Nessun ministro, nessun vicepremier pare quindi avere titolo a rispondere della vicenda. Nessuno, tranne Prodi.

La lista delle domande da porre al presidente del consiglio è lunga. Chi ha autorizzato un suo strettissimo collaboratore a scrivere su carta intestata di palazzo Chigi il piano di riassetto di una società privata quotata in Borsa e a inviarlo al principale azionista della società? Rovati lo ha fatto a nome di qualcuno? Chi lo aiutato a preparare il progetto? Una merchant bank? In cambio di cosa? Ce n'è abbastanza, quantomeno, da indurre Prodi a sconfessare in pubblico l'operato dell'uomo che gli ha trovato i soldi per la campagna elettorale e a dargli (almeno formalmente) il benservito. Ma Prodi ha già detto che non intende far dimettere Rovati dall'incarico di consigliere. E questo, va da sé, aumenta i sospetti della Cdl che Rovati, quando ha assicurato di aver fatto tutto all'oscuro di Prodi, abbia mentito per salvare il suo mentore.

La soluzione più probabile è che molto presto Rovati si dimetta comunque dal suo incarico. Ufficialmente di sua iniziativa, con una bella frase tipo: "Non me lo ha chiesto nessuno, lo faccio per togliere anche la minima ombra di sospetto da Prodi, perché attraverso me è chiaro che vogliono colpire lui". Quanto all'apparizione in parlamento, se la conferenza dei capigruppo respingerà la proposta di chiamare Prodi a rendere conto dell'operato suo e del suo collaboratore, il compito di stanare il premier sarà affidato alle interrogazioni parlamentari che stanno già piovendo a Montecitorio. Insomma, alla fine Prodi o qualcuno di molto vicino a lui dovrà rispondere pubblicamente a tutte le domande. Certo, gli alleati, conoscendone la debolezza, non manderanno Prodi allo sbaraglio, e useranno tutti i meccanismi parlamentari concessi, e forse anche qualcuno di più (a questo serve avere due amici alla presidenza di Camera e Senato) per far uscire indenne dall'aula il presidente del consiglio o il rappresentante del governo che ne prenderà il posto.

A conti fatti, oggi nessuno crede che su questa storia si giochi davvero il futuro del governo. Appare molto difficile, però, che il presidente del consiglio riesca a non uscirne fortemente indebolito dinanzi all'opinione pubblica e ai suoi alleati. Non crisi esplicita, dunque, ma logoramento. Riprendersi, per un governo che non è mai riuscito ad andare in luna di miele con gli elettori e per di più alla vigilia del tour de force della Finanziaria, non sarà semplice. La Cdl non ha nulla da perdere: deve solo alzare il più possibile il livello dello scontro politico in modo da capitalizzare nel modo migliore la manna che le è piovuta dal cielo. Per la prima volta dall'inizio della legislatura il vento sembra aver cambiato direzione.

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