Nel caso non si fosse capito

Alle ore 16 di giovedì 21 settembre Romano Prodi era a palazzo Chigi, tornato da New York. A quell'ora era prevista la presenza del rappresentante del governo, il ministro Paolo Gentiloni, dinanzi al Senato, per riferire sulla vicenda Telecom. I tempi tecnici per essere presente in aula, dunque, Prodi li avrebbe avuti. Era lì, a duecento metri da palazzo Madama, barricato nel suo ufficio. Se non lo ha fatto è solo perché è mancata la volontà politica.

Prodi riferirà alla Camera il 28 settembre. Al Senato nei giorni successivi. Perché? Certo, perché spera che, di qui ad allora, si sia attutito il clamore suscitato dal caso Rovati (il suo collaboratore che nel tempo libero, senza averne titolo, scriveva piani di riassetto del gruppo Telecom su carta intestata di palazzo Chigi e li affidava a un corriere delle forze dell'ordine affinché li consegnasse a Marco Tronchetti Provera). Ma non solo. Da qui ad allora, infatti, è convinzione comune che venga ufficializzato l'arrivo di un nuovo, clamoroso avviso di garanzia ai piani alti di Telecom (l'arrivo alla testa del gruppo di Guido Rossi, assai ben visto dalle procure, va letto infatti anche come un gesto di appeasement nei confronti dei magistrati). Prodi potrà così entrare a Montecitorio prima e a Palazzo Madama poi come colui che si è opposto ai progetti di un vertice aziendale su cui la magistratura, poco dopo, ha deciso di indagare. Uno che aveva capito tutto sin dall'inizio, insomma.

C'è di più. Venerdì 29 settembre, il giorno dopo il D-day di Prodi alla Camera, il consiglio dei ministri si riunirà per varare la Finanziaria. In altre parole, il ruolo di Prodi nella vicenda Rovati e nel pasticcio Telecom dovrebbe occupare il titolo principale delle prime pagine dei quotidiani e dei notiziari solo per un giorno. Dal momento del varo della Finanziaria, infatti, l'attenzione del circo Barnum dei media si concentrerà soprattutto sulla manovra per il 2007, mettendo - è l'auspicio del premier - le magagne di Prodi in secondo piano.

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