Il Muro democratico

di Fausto Carioti

Imbarazzo è dire poco. Potessero, a sinistra, quell'incubo in lamiera di 84 metri per 3 lo cancellerebbero con un gesto della mano, come si fa con un file del computer, per potersi riscoprire subito politicamente corretti e quindi in pace con se stessi. Però il muro a Padova, attorno al ghetto degli immigrati, c'è', ce l'ha messo uno di loro, il sindaco diessino Flavio Zanonato, incapace di gestire con i normali strumenti di sicurezza l’immigrazione clandestina e lo spaccio di droga nella zona di via Anelli. Ora, in qualche modo, i compagni devono farci i conti. Devono spiegarlo agli altri, ai loro lettori ed elettori. Soprattutto, devono spiegarlo a se stessi. Sino ad ora non ci sono riusciti, e per capire quanto indietro sia il processo di metabolizzazione bastava sfogliare i quotidiani di sinistra in edicola ieri.

Gli sforzi maggiori li ha profusi il Manifesto, che invece di condannare il muro di Padova, come ci si aspettava da un giornale orgogliosamente comunista (si pensi a cosa sarebbe successo se un’iniziativa simile fosse partita da un sindaco leghista), ha provato a far digerire la barriera di acciaio ai suoi lettori. Si viene così a sapere che quando il muro lo costruisce Israele per salvare vite umane dalle bombe dei kamikaze per il Manifesto si tratta di un crimine contro l’umanità, qualcosa di «non meno odioso del muro di Berlino» (Rossanda Rossanda), ma quando, mutatis mutandis, il sindaco diessino di Padova ripropone qualcosa di simile in scala ridotta, si tratta di un’iniziativa tutto sommato accettabile. Il nome, intanto, che nel marketing è tutto: nel titolo dell’articolo dedicato alla storia di via Anelli non si parla di “muro”. Ma di “recinto” e di “inferriata”, quasi fosse la staccionata che circonda un parco per bambini. I residenti, fa sapere il quotidiano di via Tomacelli nella titolazione, «approvano» entusiasti la costruzione. Manca il venditore di palloncini colorati e il quadretto è completo.

«E che sarà successo mai nell’arco di un pomeriggio a Padova?», si chiede, minimizzante, il Manifesto versione “law & order”. Semplice: è successo che il sindaco diessino ha chiuso con un muro il quartiere degli immigrati. Una soluzione molto poco “di sinistra”. La missione è disperata, urge il parere dell’esperto. In soccorso del sindaco (e del Manifesto) arriva l’associazione Razzismo Stop, una di quelle che quando si possono scatenare contro gli esponenti della Cdl non ci pensano due volte. Per capirsi: quando lo scorso anno l’esponente di An Maurizio Saia propose di impedire la vendita di prodotti contraffatti da parte dei venditori ambulanti abusivi (cioè, in parole povere, chiese di far applicare la legge), quelli di Razzismo Stop saltarono sulla sedia, annunciando manifestazioni di protesta: «Come associazione antirazzista, e prima ancora come cittadini, non possiamo far finta di niente e invitiamo i cittadini a dire “no”, perché vogliamo una città che rispetta la dignità di tutti». E il muro che circonda il ghetto di via Anelli? Stavolta c’è in ballo l’amministrazione amica, con la quale si fanno tanti lavori insieme: la situazione è ben diversa. Così il Manifesto può scrivere, soddisfatto, che Razzismo Stop «si dissocia dal coro di chi grida allo scandalo». Un’esponente dell’associazione che dovrebbe difendere gli immigrati assicura i lettori del quotidiano che «si sta ingigantendo tutto, a partire dalla recinzione (notare il ripetersi dell’eufemismo, ndr) per arrivare alla descrizione del quartiere, che non è messo peggio di tanti altri ghetti che sorgono in giro per l’Italia». Per il sindaco Zanonato non ci sono critiche da parte dei nemici del razzismo. Tutt’al più, gli fanno notare delicatamente, l’intervento poteva essere «realizzato meglio». Nessuna indignazione, nessuna minaccia di manifestazione di piazza.

Scelta diversa, ma ugualmente fantozziana, all’Unità, dove si preferisce non prendere di petto la questione, affidandosi a una fotografia e a un testo piuttosto breve. L’unico parere riportato è quello del presidente del comitato di quartiere, esasperato quanto basta per le angherie degli immigrati e comprensibilmente soddisfatto per il muro. Piccolo particolare: niente, nell’articolo, lega quel muro così socialmente impresentabile al centrosinistra. Nulla di nulla. L’Unità si scorda (diciamo così) di fare il nome del sindaco Zanonato, di ricordare la sua appartenenza ai ds e di far sapere ai lettori che quell’obbrobrio è stato innalzato da una giunta ulivista. Evidentemente si tratta di notizie ritenute di secondaria importanza.

Identica amnesia (dev’essere il caldo di agosto) colpisce la redazione di Liberazione, il quotidiano di Rifondazione Comunista, che a Padova fa parte della coalizione che sorregge Zanonato. Poche righe, nelle quali non appaiono nomi di amministratori né sigle di partito. Per fare prima, non hanno messo neppure la foto. In compenso il lettore del quotidiano rifondarolo sa che l’iniziativa è piaciuta ai residenti del quartiere e ha strappato gli applausi delle forze dell’ordine. È grazie a questi dettagli, all’entusiasmo che gronda dal breve ma efficace resoconto, che i più perspicaci tra i lettori potranno intuire che no, quel muro non l’ha costruito un’amministrazione di centrodestra. È un muro democratico, profuma di Ulivo.

© Libero. Pubblicato l'11 agosto 2006.

Post scriptum. L'11 agosto, vista l'evidenza che i quotidiani nazionali e soprattutto (tra i concorrenti più o meno diretti) Repubblica avevano dato il giorno prima alla vicenda di Padova e al colore politico della giunta, Unità e Liberazione hanno dovuto cambiare strategia, pubblicando articoli più ampi sulla vicenda e informando i loro lettori, quantomeno, che la giunta che ha costruito il muro è «di sinistra». Meglio tardi che mai.

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