Ferrero, la voce dell'innocenza

Ma quale melting pot, ma quale multiculturalismo. Per avere simili obbiettivi bisognerebbe almeno conoscere due parole d'inglese, aver studiato l'esperienza degli altri Paesi (vedi alla voce "Olanda"), sapere cosa è davvero una "cultura". La verità del voto agli immigrati, qui in Italia, è molto più terra terra. La spiega, con il grande pregio della sincerità, il ministro della Solidarietà sociale Paolo Ferrero, in una lettera inviata al Corriere della Sera e pubblicata domenica 6 agosto. «Di questa importante novità tutti dovranno tener conto, ed è evidente che l'eco di tutto ciò si farà sentire in modo particolare in alcune zone e su alcune aree politiche. Penso in particolare alla Lega. Credo che nelle province di Treviso, Brescia, Bergamo e in tutta la fascia pedemontana, dove la presenza dei lavoratori migranti è molto forte e dove un partito esplicitamente xenofobo come la Lega raccoglie molti consensi, l’acquisizione del diritto di voto da parte degli immigrati modificherà decisamente la dialettica politica e forse renderà sconveniente la propaganda razzista».
Chiaro? I leghisti sono cattivi e in certe province sono elettoralmente troppo forti. Il voto agli immigrati serve per mandarli all'opposizione.
Se davvero il ministro rifondarolo cercava un modo per rendere presentabile il provvedimento a tutti gli elettori, se il suo scopo era far capire che non si tratta di una clava politica da usare contro gli avversari, ma di una decisione motivata da nobili ragioni di "solidarietà sociale", se voleva rendere il meno traumatico possibile l'arrivo di questi "nuovi italiani", avrebbe dovuto trovare argomentazioni migliori, politicamente ed eticamente più decenti. Messa così, non ha fatto altro che confermare tutti i peggiori sospetti. Casomai ce ne fosse bisogno.

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