Se Napolitano vuole essere il presidente di tutti, inizi da Oriana Fallaci

di Fausto Carioti
Egregio presidente della Repubblica Giorgio Napolitano,
lunedì, nel discorso con cui accetterà il suo nuovo incarico, lei ci assicurerà di essere «il presidente di tutti gli italiani». Una garanzia che ci è già stata data in coro da tutti gli esponenti del centrosinistra, pronti a giurare sulla sua imparzialità, sulle sue capacità e sul suo essere, prima di ogni altra cosa, un «uomo delle istituzioni». I numeri, però, raccontano una storia diversa. I numeri dicono che lei, presentato come il candidato di altissimo profilo «che non può che unire il Paese» (parole di Romano Prodi, pronunciate lunedì 8 maggio), alla resa dei conti è stato eletto con i soli voti del centrosinistra. Nonostante le attestazioni di stima ricevute, la sua candidatura non ha fatto breccia nella Cdl. Doveva essere il presidente della repubblica condiviso da tutti ed eletto con il “metodo Ciampi”. Si è dimostrato, perdoni la schiettezza, il candidato imposto dal centrosinistra con il «metodo del vaffa…», per usare l’efficace perifrasi del suo compagno di partito Peppino Caldarola.
Sappiamo come è andata. Hanno candidato un diessino perché al primo partito dell’Unione, dopo il diktat con cui Fausto Bertinotti si è preso la presidenza della Camera, non potevano non dare una poltrona di assoluto rilievo, pena la morte immediata della coalizione. E hanno ripiegato su di lei perché, come si leggeva ieri nella dalemiana “Velina Rossa”, «quando venne avanzata la candidatura di Massimo D’Alema le riserve vennero innanzitutto da Rutelli e soci della Margherita». Insomma, al di là del suo ineccepibile profilo istituzionale, lei è stato scelto per motivi tutti interni al centrosinistra. Avessero davvero voluto la “grande intesa”, i suoi referenti non avevano che da accettare uno dei quattro nomi dell’Unione proposti dalla Cdl, o comunque rilanciare. Non lo hanno fatto perché toccava dare il posto a un diessino Docg (il povero Giuliano Amato, che la denominazione d’origine comunista garantita non ce l’ha, è ancora lì che piange). E il centrodestra, pur con tutti i suoi tentennamenti, alla fine si è rifiutato di aiutare Prodi e Fassino a risolvere i loro problemi. Uno sguardo d’insieme conferma la scelta della sua parte politica di tagliare l’Italia in due: un ex comunista alla prima carica dello Stato, un ex sindacalista alla seconda, un ex sindacalista tuttora comunista alla terza. E meno male che avete passato cinque anni a gridare contro la dittatura della maggioranza.
A questo punto, presidente, lei arriva al Quirinale non come espressione dell’unità del Paese, ma come candidato imposto a forza da una maggioranza parlamentare che non è maggioranza tra gli elettori. Può decidere di fregarsene, e vivacchiare per sette anni. Oppure può compiere, appena insediato, un gesto di apertura nei confronti dell’altra metà d’Italia. L’occasione è lì, a portata di mano: Giorgio Napolitano, primo postcomunista al Quirinale, può nominare Oriana Fallaci - finalmente - senatore a vita.
Non è un patto col diavolo: da sempre la scrittrice fiorentina, che per storia e idee non può certo essere definita “di destra”, difende l’occidente, la nostra amicizia con gli Stati Uniti e le libertà individuali. È una delle voci italiane più influenti all’estero. Sono 75mila gli italiani che, raccogliendo l’invito di Libero, si sono appellati al suo predecessore affinché la nominasse senatore a vita. Ovviamente quelli che vogliono vedere riconosciuti i meriti di Oriana sono molti di più, di ogni estrazione politica. Ma soprattutto, presidente, tra loro ci sono quelli che non si riconoscono nel suo schieramento, dove troppo spesso si preferiscono i primitivi che bruciano le bandiere israeliane a chi combatte i terroristi islamici (ricorda i risolini di Alfonso Pecoraro Scanio e Vasco Errani ai funerali dei militari uccisi, vero?). Sono gli stessi italiani che ora diffidano di lei come presidente della repubblica.
Se vuole provare a farsi digerire anche dall’altra metà del Paese (ammesso che lei avverta questa esigenza), se vuole sanare il vulnus di credibilità con cui la sua parte politica l’ha condotta al Quirinale, se vuole davvero essere il presidente della riconciliazione delle due Italie, sia lei il primo a tendere la mano. Nominare Oriana Fallaci senatore a vita sarebbe un ottimo modo per iniziare sul serio a credersi, e ad essere creduto, «il presidente di tutti».

© Libero. Pubblicato l'11 maggio 2006.

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