Offerta a Giuliano Amato: "Smetti di fare favori ai Ds, entra nella Cdl"

di Fausto Carioti
«Ci sono tutte le condizioni affinché Giuliano Amato lasci il centrosinistra e venga accolto nella Cdl, dove quella cultura politica che anche lui rappresenta si trova del tutto a proprio agio». L’invito fatto al suo ex compagno di partito da Maurizio Sacconi, senatore di Forza Italia, socialista e craxiano “storico”, non potrebbe essere più esplicito.
Amato dice di essere «molto amareggiato» per il no dei Ds alla Cdl, che lo aveva proposto per il Quirinale. Si dice «sgomento» per la freddezza diessina. Anche lei, Sacconi, è sgomento?
«Assolutamente no. L’atteggiamento dei Ds è stato ed è molto prevedibile. Ed è molto coerente sia con la loro natura sia con le caratteristiche di Amato».
Quali caratteristiche?
«Il grande merito di Amato è quello di essere stato uno dei principali interpreti di quella stagione politica italiana molto forte che, di fatto, ha anticipato il blairismo».
La stagione di Bettino Craxi.
«Amato fu uno dei protagonisti, e lo dico nel senso più nobile, di quella fertile stagione, la prima esperienza liberal-socialista in Europa. Fu lui ad avviarla con la conferenza programmatica di Rimini del 1982, dove fu l’animatore della progettazione dei contenuti. E fu lui a chiuderla nel 1992, come premier di un governo che il Pci avversò sino in fondo».
In teoria questo dovrebbe essere un merito, oggi che quasi tutti a sinistra si dicono riformisti.
«E invece no. Perché i Ds non hanno mai riconosciuto che in quei dieci anni avevamo ragione noi. Saltuariamente, a mezza bocca, hanno ammesso di aver sbagliato sulla scala mobile. Ma non lo hanno mai detto come partito, non lo hanno mai scritto in un documento. Né hanno mai pronunciato niente di convincente sugli euromissili, ad esempio».
Eppure Amato si è prestato ad essere il presidente del consiglio di un loro governo. Si è fatto trovare pronto a ogni chiamata dei Ds. Si è rifiutato di andare ai funerali di Craxi. Non basta?
«Ma Amato non è certo quello che per servizio a loro, nel 2000, guidò quel governicchio. Amato, per me e per chi conosce la storia di questo Paese, come i Ds, è quello dei dieci anni con Craxi. Non scordiamo che alle elezioni del 2001, a servizio caldo, non fecero di Amato il loro candidato premier alle elezioni, come sarebbe stato naturale».
Adesso Amato rischia di non fare nemmeno il ministro della Giustizia. Antonio Di Pietro e Marco Travaglio hanno fatto capire chiaramente cosa pensano le procure di tale eventualità.
«Appena Amato si avvicina a certe responsabilità delicate, come il ministero della Giustizia, si scatena il caravanserraglio giustizialista, pronto a mettere il veto perché non ha mai dimenticato il suo percorso politico. Ma il punto non è la sola pregiudiziale giustizialista. Il punto è che i Ds sono la negazione di tutto ciò che Amato evoca. Tutto».
A questo punto Amato non avrebbe buoni motivi per lasciare l’Unione?
«Assolutamente sì. Le condizioni ci sono tutte. E non parlo di motivi personali, ma politici. Mi auguro che Amato non voglia rendere ai Ds un ennesimo servizio gratuito. Gratuito dal punto di vista politico, s’intende».
Nella Cdl ci sarebbe posto per lui?
«Certo. Tutta la cultura politica che si riconosce in quel decennio sta a proprio agio nella Casa delle Libertà. Siamo in tanti qui, e ci troviamo proprio bene».
L’impressione, però, è che nel centrodestra tanti ex socialisti considerino Amato un traditore.
«Posso assicurare che i socialisti vicini a Forza Italia hanno visto con grande simpatia l’eventualità di Amato al Quirinale. E questo al di là delle critiche su come egli si comportò nel momento in cui, a causa della loro vicinanza a Craxi, tante persone furono criminalizzate».
Finirà che Amato farà comunque il ministro dell’Unione.
«Sarebbe un assurdo. Perché non so a nome di chi lo farebbe, ma so che lo farebbe per coloro che non lo meritano».

© Libero. Pubblicato il 13 maggio 2006.

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