Giornalisti di sinistra, liberi di non informare

Ricapitoliamo. Il Tg5 invita Silvio Berlusconi e Romano Prodi per uno speciale pre-elettorale. Prodi rifiuta, per costringere Berlusconi a non andare in onda (si chiama par condicio, funziona così). Atteggiamento liberticida, ma comprensibile. Liberticida, perché gli elettori avrebbero potuto avere qualche ora d'informazione in più, che non fa mai male. Comprensibile, perché Prodi non aveva alcunché da dire e sa benissimo che da un confronto televisivo, bollito com'è, ha tutto da perdere. Così ha preferito fare di nuovo il coniglio.
Mediaset, a questo punto, per ristabilire la par condicio ha chiesto che a fare le domande a Berlusconi fossero cinque giornalisti dichiaratamente schierati a sinistra, tra cui il direttore di Liberazione, l'organo di Rifondazione Comunista. E qui avviene il fatto vergognoso.
I giornalisti progressisti avevano davanti due strade. La prima era quella di fare i giornalisti. Avrebbero dovuto chiedere a Prodi di andare in televisione, perché il dovere dei giornalisti è quello di battersi affinché ci sia più informazione. Poi avrebbero dovuto fare a gara per andare a intervistare Berlusconi. Una volta in studio, avrebbero dovuto fare di tutto per cavargli la pelle. Fargli le domande più dure e muovergli le critiche più aspre. Se sono convinti che il bilancio di questo governo sia il disastro che dicono, non gli sarebbero mancati gli argomenti. In questo modo, gli elettori italiani avrebbero avuto un'occasione in più per confrontare i programmi dei due candidati, e magari avrebbero potuto assistere a un dibattito meno ingessato di quello apparso su Rai Uno.
La seconda strada era quella di fare i militanti. Di battersi non per difendere il diritto dei cittadini a essere informati, ma perché ci sia meno informazione possibile, solo perché questo conviene al candidato premier della sinistra. Mostrando di essere non al servizio dei cittadini, ma al servizio esclusivo di un politico incapace di andare in televisione. Con un appello in cui si rifiutavano di intervistare Berlusconi e chiedevano a tutti i giornalisti italiani di fare altrettanto, Stefano Menichini (direttore di Europa), Antonio Padellaro (direttore dell'Unità), Gabriele Polo (direttore del Manifesto) e Piero Sansonetti (direttore di Liberazione) hanno scelto la seconda strada. Legittimamente ineccepibile. Politicamente efficace. Moralmente e deontologicamente vergognosa.

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