I "diversi" di Scalfari (dal 1942 ad oggi)

Migliori-migliori no. Non fa fino dirlo, non è democratico. Però il concetto è proprio quello. Sono, come dire, diversi. Ecco, sì: «diversi». Cioè mossi da un'etica che gli altri non hanno, che dovrebbe essere da esempio per tutti. Cioè, appunto, migliori. Lo dice Eugenio Scalfari. Non è cambiato, Barbapapà. Nel luglio del 1942 scriveva su "Roma fascista" cose così: «Ancora oggi è la stessa voce del Capo che ci guida e ci addita le mete da attingere. [...] Oggi mentre sembra che Sua Maestà la Massa (come la definì il Duce in un lontano giorno) mascherata da veli più o meno adeguati tenti di riprendere il suo trono, è necessario riporre l'accento sull'elemento disuguaglianza, che il Fascismo ha posto come cardine della sua dottrina». Pochi mesi dopo, nel settembre, sempre sulla stessa rivistina liberal, si spiegava meglio: «Un Impero del genere è tenuto insieme da un fattore principale e necessario: la "volontà di potenza" dello Stato nucleo, che poggia su due pilastri essenziali: il "popolo" quale elemento di costruzione sociale; la razza quale elemento etnico, sintesi di motivi etici e biologici che determina la superiorità storica dello Stato nucleo e giustifica la sua dichiarata "volontà di potenza"».
Ieri come oggi. All'epoca cantava la «disuguaglianza» fascista e la «superiorità storica» dello stato razzista. Oggi canta la «diversità» morale dell'elettorato di sinistra. Proprio come il suo allievo Paolo Flores D'Arcais. Dal razzismo biologico al razzismo etico (concetto di cui parlo qui, come sanno i frequentatori abituali di questo blog). L'ultimo esempio dell'evoluzione (?) scalfariana è il suo editoriale domenicale dell'8 gennaio, interminabile messa cantata (come da copione) in cui il fondatore di Repubblica ha messo nero su bianco la stessa comicità involontaria esibita in televisione la sera prima durante la trasmissione di Fabio Fazio.
Lo fa scrivendo cose così: «Il presidente della Camera, Casini, ha dichiarato due giorni fa che non vuol più sentir parlare d'una superiorità morale della sinistra. Dal suo punto di vista ha mille ragioni, ma non si tratta di superiorità, bensì di diverso modo di sentire. Ne volete una prova? La gente di destra (e di centro) non è rimasta affatto scossa dalle notizie di denari passati dalla Popolare di Lodi nelle mani di alcuni autorevoli esponenti di Forza Italia, Udc, Lega, An. Quelle notizie sono scivolate come gocce d'acqua su un vetro. Così pure per il ben più grave problema del conflitto d'interessi di Berlusconi. Ma è invece bastato un sostegno "tifoso" e certamente impreveggente dei dirigenti Ds all'Unipol per scatenare una tempesta nella sinistra e nei giornali. Perché? Perché la sinistra non solo è diversa nella sua sensibilità morale, ma è considerata diversa anche da chi non è di sinistra. La sua diversità dovuta alle ragioni e alle motivazioni di appartenenza alle quali ho accennato, è dunque un dato di fatto. [...] Voglio dire al presidente Casini che quel modo di sentire "diverso" rispetto ai temi della moralità pubblica, dell'austerità del vivere, dei valori della solidarietà e dell'eguaglianza, dovrebbero anche essere patrimonio dei cattolici. Di quelli veri e non di quelli che si fanno il "nomedelpadre" baciandosi le dita e poi crogiolandosi nel sistematico malaffare. Ce ne sono pochi di cattolici veri e sono anch'essi diversi. Mi rammarica perciò il disprezzo con cui il cattolico presidente della Camera parla dei diversi. Mi rammarica ma non mi stupisce. Non sempre i cattolici sono veri cristiani che rinunciano al potere per testimoniare la loro fede».
Insomma, i compagni e gli uomini dello stampo di Scalfari sono così bravi, così onesti, così puri, così disinteressati, che tutti, i cattolici per primi, dovrebbero prendere esempio da loro. Mentre i 17 milioni di elettori del centrodestra, da bravi evasori fiscali, corrotti e corruttori, se ne sbattono se i loro eletti rubano. Anzi, quasi li apprezzano di più.
Se qualcuno pensa poi che la bufera che ha travolto i Ds, scuotendo la stessa base del partito, spingendo centinaia di tesserati a scrivere lettere disperate e incazzate all'Unità, sia dovuta al fatto che i vertici del partito sono stati colti al telefono mentre tenevano in bocca un grosso sorcio di nome Bnl, e che la cosa abbia suscitato un certo qual comprensibile scandalo, si sbaglia. «Si spara contro i Ds in nome del centrismo e dell'anti-riformismo. Questa è la verità del "fuoco incrociato"», spiega Scalfari nel disperato tentativo di parare il sedere ai compagni che sbagliano.
Come Flores D'Arcais, non merita di essere preso sul serio. Una pernacchia lo seppellirà, come ha già seppellito i deliri che scriveva nel 1942.

See also: "E' Repubblica, funziona così".

Addendum. Mi si chiede via mail dove sono andato a pescare le citazioni di Scalfari del 1942. La risposta è "Lo Scalfarino Portatile. Ovvero come si diventa il giornalista più importante che c'è in Italia in 14 facili lezioni", del mio amico Walter Mariotti, prefazione di Giordano Bruno Guerri, Mondadori, 1994. Ormai fuori catalogo, in questa libreria dovrebbe essere disponibile.

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