Dal nucleare a Pecoraro Scanio: la triste parabola del Pci

di Fausto Carioti
Un giorno uno storico spiegherà come un partito forte e orgoglioso, dotato di un apparato senza eguali di idee e di uomini, nel cui album di famiglia figurano volti che ancora oggi fanno tremare chi li osserva, abbia potuto finire ostaggio degli ultimi arrivati, privi di storia e poveri di idee. Un giorno qualcuno ci dirà come è possibile che il partito comunista italiano, passando da un’incarnazione all’altra, abbia finito per farsi dettare la linea da Alfonso Pecoraro Scanio e dagli altri fondamentalisti verdi, che su un tema decisivo come quello dell’energia continuano a vantare un’ipoteca nei confronti dell’intera coalizione. Tanto da tenere a bada l’ex e possibile futuro ministro ds Pierluigi Bersani, accreditato dall’ala sinistra dell’Unione di nutrire qualche pensierino quantomeno possibilista sul ritorno al nucleare. Una tragedia umana e politica, quella dei postcomunisti, tutta racchiusa nella “rivelazione” fatta lunedì sera da Massimo D’Alema durante Porta a Porta. «Al referendum abrogativo sul nucleare votai “no”. Io ero per il nucleare. Il popolo decise diversamente e quell’opportunità l’abbiamo perduta. Oggi quella del nucleare sarebbe una non risposta». Miglior riassunto della parabola del Pci-Pds-Ds non era possibile scriverlo: prima guardavamo al Cremlino, oggi copiamo da Vittorio Agnoletto. Avevamo Karl Marx e Friedrich Engels, li abbiamo dovuti sostituire con Naomi Klein e Jeremy Rifkin. Perché è lì, nella sofferta retromarcia sull’atomo di pace, che è iniziata la rottamazione dell’acciaio e la sua sostituzione con la plastica. Lì la solida tradizione comunista ha iniziato a cedere il passo alle utopie leggere e modaiole degli ecologisti.
L’atomo era impresso nella tradizione e nel Dna di tutti i partiti comunisti, e quello italiano non faceva certo eccezione. Duccio Trombadori oggi è un dirigente della Cisl, dove è arrivato dopo aver passato una vita nel partito comunista italiano e nei giornali di Botteghe Oscure, da l’Unità a Rinascita. La trasformazione del Pci la ricorda così. «Il dibattito interno al partito iniziò con la costruzione della centrale nucleare di Montalto di Castro, alla fine degli anni Settanta. Sino ad allora tutto il Pci era sempre stato fermissimo in difesa del nucleare. Con la costruzione dell’impianto di Montalto un’area extraparlamentare di sinistra e verde iniziò a fare pressione sul partito per impedire la costruzione della centrale». Quando Berlinguer dichiarò chiuso il periodo della solidarietà nazionale, l’orientamento del Pci iniziò a piegare verso queste posizioni. «Anche se il dibattito non arrivò mai alla formalizzazione di posizioni opposte», ricorda Trombadori, «a metà degli anni Ottanta la componente migliorista di Giorgio Napolitano, Gerardo Chiaromonte e Giorgio Amendola era molto determinata in favore del nucleare. Io, personalmente, vicino alla destra del partito, ero favorevole al nucleare, perché condividevo l’idea della programmazione. La sinistra di Pietro Ingrao, sebbene in modo variegato, riecheggiava le tematiche ecologiste, mentre il centro berlingueriano oscillava tra queste due posizioni».
Poi, nel 1984, al posto di Berlinguer arrivò Alessandro Natta. «Bravissima persona», rammenta Trombadori. «Ma priva di una grande forza. L’area movimentista iniziò così a far sentire la sua spinta antinuclearista. L’incidente di Chernobyl fu la svolta. Dinanzi al referendum, il partito arrivò diviso». Ufficialmente il Pci dette una fiacca indicazione agli elettori di votare sì all’abrogazione delle leggi che consentivano l’operatività delle centrali nucleari, ma di fatto lasciò libertà di scelta, come conferma il “no” di D’Alema. «Si decise di ripiegare verso quelli che sembravano essere gli indirizzi della maggioranza. Dietro c’era un malcelato sostegno alla dipendenza petrolifera dell’Italia. Quanto a D’Alema, è certo che all’epoca fosse vicino alle posizioni miglioriste, ma senza volerlo dare a vedere in modo esplicito, atteggiandosi a centrista». Ancora nel 1986 un sondaggio condotto dal mensile dei Verdi, Nuova Ecologia, dava 30 segretari di federazione del Pci favorevoli al nucleare, 24 contrari e 20 indecisi, e al recente congresso del partito era prevalsa la linea del ricorso al nucleare, seppure «limitato e controllato».
Tanto era importante per il Pci lo sviluppo dell’atomo di pace che nel 1979 e nel 1984 fece eleggere come indipendente all’europarlamento nientemeno che il padre del progetto nucleare italiano, Felice Ippolito. Il quale nel 1987 interveniva a Strasburgo, dai banchi del Pci, per ribadire, «a titolo personale, ma con l’appoggio di altri comunisti», che «una società industriale avanzata non può fare a meno del nucleare». Nello stesso 1987 Ippolito lasciò il Pci, in polemica proprio con la svolta “verde” del partito, per entrare nei repubblicani. Un osservatore privilegiato di quelle vicende come Marcello Inghilesi, vicepresidente dell’Enel dal 1981 al 1988, racconta oggi che «nella storia italiana il partito comunista non era mai stato antinucleare. Tutt’altro. Nel consiglio d’amministrazione dell’Enel, nel 1981, il Pci fece mettere l’onorevole Lodovico Maschiella, responsabile energia del partito. E nel 1986 fu il turno, sempre in quota Pci, del professor Giovan Battista Zorzoli. Ambedue erano nuclearisti agguerriti e avevano continue liti furibonde con i Verdi e le associazioni ecologiste. Non c’era niente di strano: l’intellighentia comunista era sempre stata a favore del nucleare».
«La verità», chiosa Paolo Fornaciari, presidente onorario dell’Associazione nucleare italiana e per molto tempo ingegnere atomico dell’Enel, «è che all’epoca di Chernobyl il partito comunista era favorevole a continuare con il nucleare. Furono i socialisti quelli che cavalcarono l’onda contraria. Il danno economico di questa scelta fu enorme e all’epoca, quando il petrolio costava 15 dollari al barile, lo valutammo 121mila miliardi di lire. Oggi, ai livelli attuali del greggio, bisognerebbe moltiplicare quel conto per quattro».

© Libero. Pubblicato il 25 gennaio 2006.

Update. Lettura complementare: Weekend energetico, dell'ottimo Carlo Stagnaro.

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