Bertinotti, lo sfruttamento dei lavoratori e le vergogne cinesi

Come raccontato dal sottoscritto, Fausto Bertinotti è andato in Cina con l'intento di "criticare" le ingiustizie del Paese ed è finito vittima delle sue spesse lenti ideologiche. Come raccontato anche da altri, ha ridotto la questione dei diritti umani in Cina allo "sfruttamento" dovuto all'apertura alla globalizzazione. Quale sia la dimensione di questo "sfruttamento" liberista lo spiega bene l'imprenditore Marco Palmieri, intervistato sul Corriere della Sera di oggi: «Per noi che investiamo in Cina la competizione è durissima. E' successo che un'azienda tessile abbia deciso di aprire proprio davanti al nostro stabilimento, a Zhongshan. Risultato: in una mattina se ne sono andati 50 dei nostri dipendenti, attratti da condizioni migliori. Questo è il Paese. Non ci sono sindacalisti. Ma quando un operaio non è contento può cambiare lavoro in un attimo. Sembra incredibile, ma in Cina serve più manodopera. Nelle strade le aziende aprono banchetti che reclamizzano le offerte di lavoro. E assumono seduta stante chiunque sia interessato, magari perché appena licenziato o semplicemente stufo del vecchio impiego».
I motivi di vergogna, per la Cina, sono ben altri.

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