Una buona occasione per non parlare male di Lapo

Qui, da oggi, si sta con Lapo Elkann. Per la prima volta. Perché di lui da queste parti si è sempre pensato, parlato e scritto male (qui un piccolo esempio), a buona ragione. E invece andava di moda leccargli le terga (ricordo una rappresentante di Confindustria riempirsi la bocca con l'avvento della "Lapo Generation"). Chi gli si avvicinava con la lingua protesa erano gli stessi che in queste ore, dopo quello che gli è successo, lo hanno già tolto dal giro che conta e inserito nella cerchia dei falliti. Fanno un po' schifo, e già questo è un motivo per stare con lui. L'altro motivo è che stavolta Lapo non ha fatto nulla di male. I soldi per comprare la cocaina gira voce che li abbia. Le tre persone con cui si stava divertendo erano maggiorenni. L'unica violenza Lapo l'ha quindi commessa nei confronti di se stesso, cioè della sola persona nei cui confronti era autorizzato a compierla. E questa è un'altra ottima ragione per fuggire dal coro degli scandalizzati. Del giovane Elkann sono altre le cose da rimproverare. E ovviamente sono quelle cose per cui sino a ieri è stato applaudito.
Ora, per capirsi: qui, agli Agnelli delle ultime generazioni e agli Elkann, si preferiscono i Vittorio Valletta, i Cesare Romiti, i Vittorio Ghidella. Qui, da bravi juventini, si sta con i Giampiero Boniperti, i Luciano Moggi, gli Antonio Giraudo. Si sta con gente dello stampo di Fabio Capello (Dio lo benedica). Qui si sta con quelli che si fanno il mazzo e producono risultati, non con quelli che fanno "brand promotion" per diritto acquisito e vivono di rendita sui risultati degli altri, siano questi i nonni o i manager pagati con i soldi dei nonni. Nessuna preclusione verso gli Agnelli e gli Elkann. Solo che ci piace valutarli con lo stesso metro con cui giudichiamo il resto della popolazione mondiale: in base a quello che hanno dimostrato di saper fare, non in base a quello che hanno ereditato. E il giudizio che ne deriva non è esaltante.
Da queste parti, da borghesotti e un po' protestanti come siamo, crediamo che prima di candidarsi a gestire la Juventus, come ha fatto Lapo, sia buona cosa avere dimostrato di saper condurre almeno un negozio di ferramenta. Crediamo che prima di criticare chi ha portato vittorie e messo in ordine i conti, come si è permesso di fare Lapo, sia buona educazione dimostrare di saper fare meglio. Insomma, qui si crede nella cultura del lavorare sodo e fare poco i coatti (in italiano moderno: understatement). Tutto il contrario del Lapo-style.
Ora, però, siccome non stiamo dalla parte degli sciacalli e dei moralisti un tanto al chilo, che ce ne sono in giro già troppi, ci guardiamo bene dall'infierire sul potente che cade. Anche perché ci viene spontaneo sentirlo umanamente vicino. Per la prima volta, oggi, qui si prova simpatia per Lapo. Sperando che poi, una volta rimesso in forma (molto presto, gli auguriamo), non ricominci a sparare cavolate. Pronti, in caso contrario, a parlarne e scriverne peggio di prima.

Aggiornamento del 13 ottobre (da Ansa.it): «Lapo Elkann ora è dimissibile e sul da farsi può decidere la famiglia. Il paziente parla con tranquillità, ma non è ancora in grado di camminare». Qui il resto.

See also the new post: Lapo, i Buddenbrook e la mano invisibile

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