Il libro nero dell'Islam

di Fausto Carioti
«La lotta contro la sharia non è niente di meno che la lotta in difesa dei diritti universali dell’uomo, un concetto nato in Occidente e negato dall’Islam». Benvenuti nel mondo delle verità scomode, politicamente scorrette. Dove non si ha paura di scrivere che il profeta Maometto - la cui vita “fa dottrina” per ogni buon musulmano - era un conquistatore tagliateste. Dove non ci si sente cattivi a ricordare che l’Islam non ha mai realizzato alcuna grande conquista scientifica o matematica, ma si è limitato a copiarla dai popoli conquistati. Benvenuti nelle 250 pagine della “Politically incorrect guide to Islam”, prima e unica guida priva di ipocrisie multiculturaliste al mondo di Maometto e Bin Laden. È appena uscita oltre oceano, ma è inutile sperare in una traduzione italiana: gli interessati sono pregati di recarsi su Amazon.com muniti di apposita carta di credito. Da queste parti il salottino buono e progressista dell’editoria a fatica tollera Oriana Fallaci con i suoi milioni di copie, figuriamoci se dà spazio a un neocon americano di nome Robert Spencer. E pazienza se il signore è uno dei “cervelli” del think tank conservatore Free Congress Foundation, islamista, autore di cinque libri, sette monografie e centinaia di articoli sulla jihad.
Il libro ha il pregio di smontare con cinismo, uno ad uno, tutti i miti politicamente corretti dietro ai quali l’Occidente si è nascosto per non vedere il male che cresce. Mito numero uno: Maometto non era un Gesù in salsa araba, non predicò pace e tolleranza. Il profeta lottò in battaglia, conquistò, gettò i nemici a pezzi nelle fosse comuni, stabilì che i prigionieri potessero essere uccisi o fatti schiavi, condannò a morte per i secoli a venire coloro che avrebbero abbandonato la “vera religione”. Quanto al Corano, contiene «oltre un centinaio di versetti» in cui esorta i fedeli a combattere i miscredenti (una sura da imparare a memoria: «Uccidete gli idolatri ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro agguati» 9:5). Laddove l’Islam invoca la pace, ricorda Spencer, è la pace della sottomissione ad Allah per tutte le genti, e le citazioni dei teorici musulmani, anche contemporanei, sono lì a ricordarcelo.
Mito numero due: ebrei e cristiani hanno vissuto bene sotto la dominazione ottomana. È quello che sostiene pure l’Organizzazione delle nazioni unite nei suoi seminari, ma è anch’essa una balla. Quando convivenza pacifica si è avuta, ammonisce Spencer, è perché ebrei e cristiani hanno accettato, loro malgrado, il ruolo di cittadini di serie B. Pagando la jiza, la tassa imposta a tutti i non musulmani, e firmando trattati umilianti in cui acconsentivano, tra le tante cose, a dare un tetto e cibo per tre giorni agli islamici che si fossero presentati in chiesa «come ospiti». Oltre, s’intende, a non costruire nuove chiese, a non leggere la Torah e il Vangelo a voce alta e a subire le altre restrizioni alla libertà di culto valide tutt’ora in grandissima parte dell’Islam.
Mito numero tre: l’Islam rispetta le donne, anzi le onora. Corano alla mano, è vero il contrario: «L’uomo ha autorità sulle donne perché Dio ha fatto l’uno superiore all’altra» (4:34). Lo stesso Corano stabilisce che la testimonianza di una donna vale metà di quella di un uomo, così come mezza è la parte di eredità che le spetta rispetto al figlio maschio. Il libro sacro stabilisce anche il diritto alla poligamia maschile e la possibilità per gli uomini di fare sesso con le schiave. E fu il profeta a stabilire il principio per cui non esiste stupro senza la testimonianza diretta di quattro uomini.
Quarto mito: il Corano vieta di uccidere. Proprio come la Bibbia, vero? Solo che non è così, giacché il comandamento («Il credente non deve uccidere il credente, se non per errore», 4:92) vale, appunto, solo se la vittima è islamica; nulla di simile nel Corano protegge la vita dei “miscredenti”. Quanto all’uccisione di donne e bambini di altre religioni, secondo la legge islamica vale il principio per cui essa è vietata «a meno che essi non stiano combattendo contro i musulmani». Il che, oggi, autorizza le stragi di civili in Israele, che infatti nessuna autorità islamica ha mai condannato, e ha dato l’alibi ai kamikaze di New York, Londra e Madrid.
Ce n’è anche (mito numero cinque) per chi, ditino alzato, ha “ricordato” a Silvio Berlusconi - il quale parlava di «civiltà inferiore» - che l’Islam produsse un enorme balzo avanti nelle scienze. Falso. «Il disegno architetturale delle moschee, ad esempio, motivo d’orgoglio tra i musulmani, fu copiato nella forma e nella struttura dalle chiese bizantine». L’astrolabio non fu un’invenzione di Avicenna e Averroè, ma esisteva ben prima di Maometto. Il concetto di zero, essenziale alla matematica, data ben prima dell’avvento dell’Islam, e gli stessi “numeri arabi” sono originari dell’India pre-islamica, e assenti nel linguaggio arabo odierno.
L’elenco dei miti smontati è lungo, basti dire che la seconda metà del libro è dedicata alle Crociate, definite non un’aggressione dell’Europa al mondo islamico (o un primo saggio di imperialismo occidentale, come recita la vulgata terzomondista), ma «una risposta ritardata a secoli di aggressione musulmana». A questo punto, la domanda: visto che siamo davanti a fatti, e non ad opinioni, perché nessuno ha il coraggio di dire le cose come stanno? Perché l’Onu e i progressisti, a chi osa ricordarli, rispondono con l’accusa di islamofobia? Risponde Spencer: «In parte perché, secondo la visione semplicistica e riduttiva del mondo propria dell’establishment politicamente corretto, gli occidentali sono “bianchi” e i musulmani sono “scuri”. E le popolazioni con la pelle scura, secondo il mito politicamente corretto, non possono essere colpevoli di alcun atto illecito; sono vittime eterne».

© Libero. Pubblicato l'11 agosto 2005

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